Dario Fo, l'intervista per i 90 anni: «Una folle età, e mi indigno ancora»

Dario Fo, l'intervista per i 90 anni: «Una folle età, e mi indigno ancora»
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Giovedì 13 Ottobre 2016, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 11:22
Scriveva, recitava, dipingeva. Dario Fo era arrivato a vivere con un'eccezionale energia i suoi 90 anni. «Mi sembra un'età pazza, folle. Ho ancora delle idee da portare avanti e mi indigno» diceva all'ANSA il Premio Nobel alla vigilia delle 90 candeline, spente il 24 marzo. In quei giorni il pensiero era andato ancora una volta alla sua Franca, morta nel 2013: «È un guaio terribile averla perduta e vivere senza di lei. Era parte della mia vita. Non basta la memoria. Sogno tutte le notti Franca e sogno che è viva. Ecco, ho anche delle emozioni. Ne ho scoperto l'importanza». Non era nei suoi programmi «arrivare fino a questo punto e mi meraviglia - raccontava - non essere rincoglionito. Ho qualche mancanza di memoria per certi fatti, situazioni, non ricordo i nomi, ma non ho mai prodotto così tante cose e non mi sono mai appassionato e divertito come in questi tempi», raccontava Fo nei giorni in cui stava arrivando in libreria ' Dario e Diò (Guanda) in cui, sollecitato da Giuseppina Manin, tirava le somme della sua lunga esplorazione dei misteri più o meno buffi della fede e della religiosità. Ricchissima la sua produzione editoriale degli ultimi anni, accompagnata spesso da sue illustrazioni, Fo era tornato anche in prima serata su Rai1 dopo circa quarant'anni e continuava a recitare in teatro con spettacoli ispirati in alcuni casi ai suoi romanzi.

Basti pensare a quello tratto da 'La figlia del Papà, tra i titoli pubblicati negli ultimi anni da Chiarelettere fra cui spicca anche il 'Nuovo Manuale Minimo dell'Attorè, pensato da Dario Fo con la moglie Franca Rame. Una storia di vita e di passione in cui troviamo il teatro insieme, l'Italia del dopoguerra, degli anni Settanta, la prima di Mistero Buffo a Parigi, il viaggio in Cina, censure e storie incredibili. Tra i libri usciti di recente anche 'Storia proibita dell'Americà (Guanda), 'C'è un re pazzo in Danimarcà (Chiarelettere) e 'Ciulla, il grande malfattorè. «Rispetto a quando avevo 70 anni ho perso energia, ma me la cavo ancora bene: lavoro, disegno, scrivo e recito che è la cosa più pesante. Dopo due ore di rappresentazione qualsiasi essere umano è molto stanco ma è il mestiere, la conoscenza del palcoscenico che mi permette di recitare ancora oggi», affermava Fo, che dopo essersi diplomato all'Accademia di Brera e aver frequentato il Politecnico, aveva scoperto presto la vocazione per il teatro debuttando in scena negli anni Cinquanta con Franco Parenti e Giustino Durano. Questa grande vitalità si muoveva però in uno scenario piuttosto nero. In un «mondo pieno di morti che camminano.

Un uomo - sottolineava Fo - che non partecipa alla vita della comunità, che si estranea, è un morto che cammina.
Ci sono tante persone, anche giovani, che tirano a campare. Questa è una società che non ti dà più stimoli. Vedere persone che si lasciano comprare, che leccano i piedi e accettano mortificazioni pur di stare a galla. È così che uno muore perché ha sposato l'ovvio, il banale». Fo non faceva sconti al nostro presente: «Abbiamo perso l'indignazione, la dignità, la coscienza, l'orgoglio di essere persone che hanno inventato la civiltà». «Siamo degli ingiusti che se ne fregano della giustizia. Cosa lasciamo ai nostri figli?» si chiedeva il Nobel che ha dedicato tutta la vita all'arte e all'impegno insieme alla sua Franca. 
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