Basti pensare a quello tratto da 'La figlia del Papà, tra i titoli pubblicati negli ultimi anni da Chiarelettere fra cui spicca anche il 'Nuovo Manuale Minimo dell'Attorè, pensato da Dario Fo con la moglie Franca Rame. Una storia di vita e di passione in cui troviamo il teatro insieme, l'Italia del dopoguerra, degli anni Settanta, la prima di Mistero Buffo a Parigi, il viaggio in Cina, censure e storie incredibili. Tra i libri usciti di recente anche 'Storia proibita dell'Americà (Guanda), 'C'è un re pazzo in Danimarcà (Chiarelettere) e 'Ciulla, il grande malfattorè. «Rispetto a quando avevo 70 anni ho perso energia, ma me la cavo ancora bene: lavoro, disegno, scrivo e recito che è la cosa più pesante. Dopo due ore di rappresentazione qualsiasi essere umano è molto stanco ma è il mestiere, la conoscenza del palcoscenico che mi permette di recitare ancora oggi», affermava Fo, che dopo essersi diplomato all'Accademia di Brera e aver frequentato il Politecnico, aveva scoperto presto la vocazione per il teatro debuttando in scena negli anni Cinquanta con Franco Parenti e Giustino Durano. Questa grande vitalità si muoveva però in uno scenario piuttosto nero. In un «mondo pieno di morti che camminano.
Un uomo - sottolineava Fo - che non partecipa alla vita della comunità, che si estranea, è un morto che cammina.
Ci sono tante persone, anche giovani, che tirano a campare. Questa è una società che non ti dà più stimoli. Vedere persone che si lasciano comprare, che leccano i piedi e accettano mortificazioni pur di stare a galla. È così che uno muore perché ha sposato l'ovvio, il banale». Fo non faceva sconti al nostro presente: «Abbiamo perso l'indignazione, la dignità, la coscienza, l'orgoglio di essere persone che hanno inventato la civiltà». «Siamo degli ingiusti che se ne fregano della giustizia. Cosa lasciamo ai nostri figli?» si chiedeva il Nobel che ha dedicato tutta la vita all'arte e all'impegno insieme alla sua Franca.
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