Le immagini ai tempi delle rivoluzioni industriali: tutte le mostre della Biennale Foto/industria di Bologna

Le immagini ai tempi delle rivoluzioni industriali: tutte le mostre della Biennale Foto/industria di Bologna
di Nicolas Lozito
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Giovedì 24 Ottobre 2019, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 00:16

Cinquecento immagini per raccontare la tecnosfera, ovvero lo strato artificiale composto da tutto ciò che l’uomo ha creato, distrutto, accumulato.Anzi, 450 foto, 16 video, 11 mostre in altrettanti luoghi della città: sono questi i numeri della quarta edizione di 'Foto/Industria', la Biennale di Fotografia dell'Industria e del Lavoro promossa e organizzata dalla Fondazione Mast, inaugurata mercoledì 23 ottobre e visitabile gratuitamente fino al 24 novembre.

Il paesaggio, l’architettura, il territorio sono al centro della ricerca fotografica di questa Biennale, ma declinati sempre secondo l'impronta dell’essere umano, e da ciò che ne è derivato e ne deriva. Dalle fabbriche della Ruhr degli anni ’20, ai rifiuti che diventano opere d’arte, dal transumanesimo alle costruzioni cinesi in Africa. Un dibattito sottoforma di progetti fotografici e video, passati e recenti, firmati da grandi nomi (Lisetta Carmi, André Kertész, Luigi Ghirri) e da autori più recenti da scoprire (l’angolano Delio Jasse, il giapponese Yosuke Bandai).

La Biennale è un percorso in movimento, anche, perché ogni singola mostra è ospitata in un palazzo storico di Bologna diverso, così da animare una città intera e valorizzare luoghi poco visitati con combinazioni inedite (due esempi: l’allestimento della mostra H+ di Matthieu Gafsou, iper-futuristica, che guarda il soffitto affrescato con il Trionfo di Ercole; oppure lo studio dei fondali marini tra foto attuali di Armin Linke e testi centenari alla Biblioteca Universitaria di Bologna di Via Zamboni).

E, infine, una ricerca che va oltre al mese di esposizione: perché il fulcro della Biennale è la mostra Anthropocene alla Fondazione Mast, aperta a maggio e che chiuderà a gennaio 2020, che come tema ha gli effetti del uomo sul pianeta. È la forza espressiva della Biennale: può permettersi di essere ondivaga con i progetti, persino confusa a chi non riesce a raggiungere tutte le mostre, ma essere unitaria nel solco che registra. La Biennale Foto/Industria sembra dirci proprio questo: la vera rivoluzione terrestre è attorno all’uomo.


Questo l’elenco delle 11 mostre visitabili fino al 24 novembre a Bologna.
 
Yosuke Bandai — A certain collector B
al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica


Nel 2016, dopo aver preso la madre e visto nascere suo nipote, l’artista giapponese Yosuke Bandai (classe 1980) inizia a raccogliere piccoli rifiuti dalla strada. Li porta nel suo studio, li riassembla e poi li passa sugli scanner. Il risultato sono immagini che assomigliano a ecografie.
  Lisetta Carmi – Porto di Genova
all’Oratorio di Santa Maria della Vita


Nel 1964 la fotografa italiana Lisetta Carmi (nata nel 1924), a pochi anni dai suoi esordi, realizza uno dei più significativi reportage del dopoguerra sul tema del lavoro: al porto di Genova, soffermandosi sulle diverse classi sociali che lo animano, sui quartieri operai, sulla morale in fabbrica, sull’umiltà e le complicate condizioni di lavoro.
  David Claerbout — Olympia
al Palazzo Zambeccari - Spazio Carbonesi


Quando fu costruito lo stadio Olimpico di Berlino, durante il Nazismo, l’architetto Albert Speer dichiarò che sarebbe durato 1000 anni. L’artista tedesco del 1969 David Claerbout, servito da algoritmi e intelligenza artificiale, ha creato un video della durata di 1000 anni che simula la disintegrazione dello stadio, ricostruito esattamente uguale all’originale. Attorno allo stadio cresce la vegetazione, e il clima riflette esattamente quello che in quel momento si trova nella vera Berlino. La narrazione del video non finisce mai, o meglio, non finirà che in 1000 anni dal 15 marzo 2016, quando è cominciato. Il video, conservato online, non può essere riavvolto né mandato avanti. Ogni 25 anni il progetto verrà affidato a un nuovo studio creativo perché tenga aggiornato il software che lo anima.
  Matthieu Gafsou — H+
al Palazzo Pepoli Campogrande


Un progetto che mostra gli sviluppi attuali del transumanesimo, un movimento culturale che mira ad aumentare le capacità del corpo umano attraverso l’uso della scienza e della tecnologia. Dalla Svizzera alla Russia, passando per la Francia, la Germania e la Repubblica Ceca, l’artista svizzero classe 1981 ha familiarizzato con persone – biohacker sepolti nei garage come gli scienziati dei più importanti laboratori –, oggetti e idee legati al movimento.
  Luigi Ghirri — Prospettive industriali
nei sotterranei del Palazzo Bentivoglio


Le foto, per lo più mai viste o poco conosciute, del grande fotografo italiano Luigi Ghirri (1943-1992) alle prese con dei lavori assegnati per grandi aziende italiane: Ferrari, Bulgari, Costa Crociere, Marrazzi. Capolavori custoditi dalla famiglia Ghirri ora esposti insieme ad alcuni album di fogli Fabriano su cui sono incollati i provini usati dal fotografo.
  Delio Jasse – Arquivo Urbano
Alla Fondazione del Monte di Bologna E Ravenna, Palazzo Paltroni


Uno studio tramite sperimentazioni fotografiche dell’architettura di Luanda, capitale dell’Angola, fatto dall’angolano classe 1980 Delio Jasse. L’artista si è concentrato sui cambiamenti urbanistico-architettonici avvenuti dopo la rivoluzione dei garofali che ha liberato il paese dal controllo portoghese; e sui cambiamenti dopo le crisi economiche recenti, che hanno portato investimenti cinesi nel Paese.
  André Kertész — Tire/Viscose
Alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Casa Saraceni


Uno dei padri fondatori della fotografia, l’ungherese Kertész (1894-1985) viene presentato con dei suoi progetti fotografici degli anni quaranta all’interno della fabbrica di pneumatici Firestone. È uno dei suoi primi lavori americani, assegnatogli dall’agenzia Keystone, e poi pubblicato nel 1944 dalla rivista Fortune.
  Armin Linke – Propsecting Ocean
alla Biblioteca Universitaria di Bologna


Una ricerca di tre anni di Armin Linke, fotografo nato a Milano nel 1966 e residente a Berlino, sul tema dei fondali marini. Il fotografo ha girato il mondo, scattato foto, fatto interviste e ricerche di libri di navigazioni settecenteschi. La mostra alterna scatti a video a pagine di volumi storici della Biblioteca Universitaria di Bologna. Albert Penger-Patzsch – Paesaggi della Ruhr
alla Pinacoteca Nazionale, Sala degli Incamminati


Il fotografo tedesco Albert Renger-Patzsch (1897-1966) è considerato uno dei principali esponenti della Nuova Oggettività e ha segnato come pochi l’estetica della fotografia degli anni venti e trenta. A partire dal 1927, e in particolare con il trasferimento a Essen nel 1929, Renger-Patzsch comincia a fotografare la regione della Ruhr, mostrandoci oggi la trasformazione rapida da zona rurale a capitale tedesca dell’industria siderurgica e carbonifera. La chiarezza e la composizione fotografica di Penger-Patzsch emergono in queste 150 foto, che il fotografo scatta senza committente fino al 1935 e che ora sono tutte presenti in mostra.
  Stephanie Syjuco  – Spectral city
al MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna


Attraverso il suo video, realizzato con i fotogrammi generati dal sistema di navigazione Google Earth, l’artista filippina classe 1974 Syjuco, mostra una spettrale San Francisco, compiendo lo stesso percorso che nel 1906 i fratelli Miles, pionieri del cinema, realizzarono poco prima di un grande terremoto sconvolse la città, lasciando quel filmato come unica prova dell’architettura precedente al cataclisma.
  Edward Burtynsky, Jennifer Baicwal, Nicholas De Pencier – Anthropocene
alla Fondazione MAST


Anthropocene è un progetto artistico che indaga l’indelebile impronta umana sulla Terra attraverso le straordinarie immagini di Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier. Combinando fotografia, cinema, realtà aumentata e ricerca scientifica, i tre artisti danno vita a un’esplorazione multimediale di grande impatto visivo che documenta i cambiamenti determinati dall’attività umana sul pianeta e ne testimonia gli effetti sui processi naturali. Il progetto si basa sulla ricerca del gruppo internazionale di scienziati Anthropocene Working Group impegnato nel raccogliere prove del passaggio dall’attuale epoca geologica – l’Olocene, iniziata circa 11.700 anni fa – all’Antropocene (dal greco anthropos, uomo).



La foto in apertura è di André Kertész.

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