Alberto Angela: «In tre libri svelo l'enigma di Nerone. Il Covid? Non sottovalutiamolo»

Alberto Angela: «In tre libri svelo l'enigma di Nerone. Il Covid? Non sottovalutiamolo»
di Laura Larcan
7 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Novembre 2020, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 20:52

«Nerone è un personaggio enigmatico, inafferrabile. È come un'isola di cui ti hanno dato una mappa sbagliata, e tu la devi scoprire». Ed è questa la nuova impresa letteraria di Alberto Angela: una trilogia dedicata al controverso imperatore romano sullo sfondo dell'incendio del 18 luglio del 64 d.C., che debutta con il primo volume L'ultimo giorno di Roma (HarperCollins), in libreria dal 24 novembre.
Una curiosità: quanto le sta simpatico Nerone?
«Non c'è simpatia o antipatia, penso solo che l'immagine che ci hanno restituito di Nerone sia sbagliata. Lo dipingono come un tiranno, un sadico, ma anche pieno di debolezze. Va decifrato».
Insomma, niente Nerone cinematografico in stile Quo Vadis?
«Un mito da sfatare. Con l'incendio di Roma non c'entra nulla. Su questo punto sono concordi tutti gli ultimi studi. Non ci sono prove che sia stato lui ad appiccarlo. L'ipotesi più plausibile è che l'incendio abbia avuto una causa accidentale».
Non spoileriamo subito tutto, ma la sua indagine a cosa porta?
«A colmare una lacuna. Sull'incendio di Roma è stato scritto pochissimo. Non vi sembra un po' strano che su Pompei, dove la tragedia è durata due giorni, ci sia tanta letteratura, mentre su Roma, dove il dramma è durato nove giorni devastando quasi totalmente una città di un milione di abitanti, non si scriva niente? La memoria dell'incendio, in fondo, è stata schiacciata da due grandi temi: Nerone stesso e i cristiani. L’incendio è diventato un tramite tra i due, senza essere mai analizzato veramente».
L'archeologia più recente è riuscita a raccontare qualcosa sull'incendio di Roma. Lei come ha lavorato?
«Con un pool investigativo di esperti. Raccogliendo i risultati di archeologi, come Clementina Panella che ha ritrovato testimonianze terribili di strutture divorate dalle fiamme. Di storici, ma anche di vigili del fuoco e meteorologi. Con indagini moderne abbiamo ricostruito modalità e tempi di sviluppo dell'incendio, incrociandoli con i dati climatici di quel momento. Ci ha aiutato l'esperienza dei vigili del fuoco insieme a quella dei meteorologi che ci hanno fatto capire quali fossero le temperature e i venti. Sappiamo da Tacito che in quel giorno di luglio si era alzato il vento. Ma quale? Noi abbiamo messo a sistema tutti questi dati».
Com'era allora la Roma ai tempi di Nerone?
«Di legno, più medievale, con vicoli stretti, alti edifici addossati gli uni agli altri. Uno storico fa persino dell'ironia: ci si poteva stringere la mano tra due palazzi. Le strade non erano lastricate, ma in terra battuta. Solo le aree monumentali e pubblici lo erano. E le case all'interno erano organizzate in modo da essere subito infiammabili. Questo primo volume vuole essere proprio uno sguardo sull’ultimo giorno di Roma prima dell’incendio, su una Roma che non si è più vista, cresciuta caoticamente sulla morfologia del terreno, non secondo uno schema preciso».
Una città quindi vulnerabile, con tante situazioni a rischio.
«Tutte debolezze che hanno favorito l'incendio. Lo raccontiamo attraverso la ronda di due vigili del fuoco in servizio: personaggi e situazioni hanno riferimenti archeologici precisi. Non dimentichiamo che gli incendi erano molto frequenti a Roma: sei anni dopo quello disastroso del 64, un altro grande incendio devasterà il Campo Marzio».
Insomma, lei vuole inserirsi nella bibliografia che vede Tacito, Svetonio, Cassio Dione...
«Io arrivo solo per ultimo. Ho notato questo vuoto letterario e ho provato a colmarlo. La dinamica dell'incendio non è mai stata scritta. Nel secondo volume lo faremo giorno per giorno. Una cronaca il più realistica possibile».
Nella Roma di Nerone il vero protagonista è il Circo Massimo. È qui che lei indica il Ground Zero dell'incendio.
«Tutto è partito da qui, ce lo dice Tacito. L'incendio è partito da uno dei magazzini addossati al circo. La causa è accidentale: io ipotizzo una lucerna».
A proposito della pattuglia notturna dei Vigiles, lei adombra il sospetto che in quell'estate del 64 d.C. il ruolo del Prefetto dei vigili fosse vacante e che questo abbia creato ritardi.
«È un'ipotesi. Le fonti non ne riportano il nome. Ma sembra però che questo ritardo sia stato colmato già il giorno seguente quando arriva Tigellino, braccio destro di Nerone, che era stato qualche anno prima prefetto dei vigili».

Lei dedica un lungo e dettagliato capitolo a Trastevere, per dare la vera dimesione urbana della Roma di quel luglio del 64 d.C. «Era importante farlo. Attraverso la ronda dei due vigili racconto questo rione che ricordava un po' quello che è oggi Piazza Vittorio: un quartiere multietnico, dove convivevano le comunità straniere, compresi gli ebrei.

Un rione con particolarità di cui oggi s'è persa memoria: c'era una famosa area d'acqua voluta da Nerone per le naumachie, le battaglie navali, e le cerimonie. C'erano i mulini a macinare il grano. Si passava il Ponte Rotto, come lo chiamiamo oggi, e si entrava nell'area della Bocca della Verità dove si animava un grande mercato, dove c'erano persino cambiavalute. Tutto si ricollegava al Circo Massimo considerato un Megastore dell'epooca».

Il suo viaggio nel centro della storia antica, come lei lo chiama parafrasando Jules Verne, comincia da Anzio. Perché Anzio? «Ad Anzio c'era la grandissima Villa imperiale: Nerone era lì per sfuggire alla morsa del caldo di Roma, ricordiamoci che era luglio. Di quella villa oggi si vedono poche rovine, però l'aspetto esatto non è stato mai ricostruito e io ho provato a restituirle la sua magnificenza. Nerone era lì con la sua corte, la sua galassia. Una corte che dobbiamo immaginare come un sistema solare dove Nerone è il sole».

E qui incontriamo anche Poppea...«Poppea è un personaggio splendido, è una donna che sa navigare nelle stanze del potere, scaltra oltre che bella, era interessante partire da lei. I miei libri cominciano sempre dagli occhi di una donna: è una chiave letteraria che mia piace avere.  
Lei scrive che questa trilogia molto deve al suo legame con Roma: 52 anni di vita e 25 di lavoro televisivo.
«Quando devi descrivere la storia di Roma, avere un rapporto con questa città è fondamentale: con le sue atmosfere o il suono delle Fontane. Sapere anche cosa significa un'estate afosa».
Un capitolo è dedicato all'abitare a Roma, troppo invitante per non chiederglielo: com'è abitare a Roma oggi?
«Roma è la città eterna anche per i problemi, come il traffico: più umano all'epoca, perché era vietato andare in giro con i carri. Era un'enorme caotica isola pedonale. Ma era una città più pulita di molte altre: aveva un suo sistema di raccolta dei rifiuti».
Nerone non può essere svincolato dalla sua Domus Aurea.
«La racconteremo bene nel terzo volume dedicato alla Roma ricostruita da Nerone. Ha una incredibile modernità, rappresentava un mondo a sé stante, una dimensione ideale di acqua, natura e architettura all'avanguardia».
Purtroppo ora è chiusa, come tutti i siti archeologici e musei per il Covid. La ritiene una misura opportuna?
«Non sottovalutiamo il Covid: è una situazione eccezionale che richiede misure eccezionali. Questo libro in fondo viene incontro alle persone che stanno a casa, vuole offrire loro un viaggio stando in poltrona. Ma spero che aiuti a sognare molto questi luoghi di Roma, per invitare poi a riscoprirli quando sarà tutto passato. Come il Palatino, un luogo magnifico, forse poco conosciuto, dove tutto ha avuto inizio».
Dalla Roma di Nerone alla Roma della pandemia, come sta vivendo questo momento storico?
«Come tutti, cercando di evitare l'esposizione al rischio contagi. Con una certezza: se siamo tutti uniti ne usciremo. Come nella scena del film Il Gladiatore in cui si ritrovano sull'arena e sta per aprirsi uno dei cancelli. Russell Crowe dice: qualunque cosa esca da lì avremo maggiore probabilità di sopravvivenza se rimarremo uniti. È una regola che vale ancora oggi».

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