4 novembre 1918: un giorno che ci richiama alle nostre potenzialità

di Mario Ajello
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Sabato 3 Novembre 2018, 11:01
Il 4 novembre del 1965, Aldo Moro, a Redipuglia, parlò di «epopea del Risorgimento», di «conquista dei naturali confini », del «destino d’Italia», di «fedeltà alla patria». Parlava della vittoria, del giorno della vittoria, della necessità di credere nella vittoria ottenuta sui campi della Grande Guerra. Da statista molto avvertito, da italiano culturalmente capace di cogliere lo spirito degli italiani, Moro sapeva quanto l’orgoglio per quel successo militare avesse bisogno di penetrare di più tra le genti e anche a livello politico. Il fatto è che, contro il 4 novembre, non è stata soltanto la sinistra a recuperare i motivi vecchi e nuovi dell’antimilitarismo.
Oggi (ultimo sondaggio Mannheimer) solo il 10 per cento degli italiani sa che cosa sia il 4 novembre e in questo hanno contribuito la destra attardatasi nella formula della «vittoria mutilata» e la Chiesa post-conciliare (a proposito, il vescovo di Bolzano ha appena proposto: Piazza della Vittoria va ribattezzata Piazza della Pace). Dunque, non può stupire l’abolizione, nel ‘77, della festività del 4 novembre. Così comenon deve meravigliare che oggi l’Italia - nella ridefinizione dell’Europa e dei pesi delle nazioni nel contesto continentale - abbia bisogno di rifarsi alle radici del ‘18. In cui capì che cos’era e comesarebbe potuta diventare.
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