Valerio Mastandrea scrive a Scorsese: «Martino, salva i nostri talenti»

Valerio Mastandrea scrive a Scorsese: «Martino, salva i nostri talenti»
di Fabio Ferzetti
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Venerdì 3 Ottobre 2014, 05:56 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 13:44

Claudio Caligari fa un film ogni 15 anni. Crudele paradosso per uno dei registi pi dotati della sua generazione.

Ma è così. Amore tossico è del 1983. L'odore della notte del 1998. Due soli film che però ti spellano vivo. Amore tossico, la vita degli eroinomani a Ostia in tutto il suo fulgido orrore, fu una bomba ma vide la luce solo grazie a Marco Ferreri, che intuì subito il genio di Caligari (a proposito, chi si ricorda di Ferreri?). L'odore della notte, ispirato a un libro di Dido Sacchettoni (gloriosa firma del Messaggero) sulla banda dell'Arancia meccanica, che imperversava nella Roma anni 70, fu applaudito a Venezia e si difese in sala. Ma tutto finì lì.

Per questo, ora che di anni ne sono passati già 16, Valerio Mastandrea ha preso carta e penna e ha scritto a Martin Scorsese. Uno dei più grandi registi del mondo, legato a doppio filo al cinema italiano, ma soprattutto il nume tutelare di Caligari. Perché Scorsese, con il suo prestigio, si unisca a un'avventura necessaria. Produrre il nuovo film di Caligari. Titolo: Non essere cattivo. Ambientazione: Ostia, vent'anni dopo Amore tossico. Quando tutto è cambiato e la droga che circola sempre a fiumi non è più eroina, droga dei perdenti, ma cocaina. Che consente, scrive Caligari, di cogliere in tutta la loro potenza le trasformazioni finali, per non dire terminali, del mondo di Accattone.

«Caligari unisce i contenuti del primo Pasolini alla forma di certo cinema di genere americano», spiega Mastandrea, che dell'Odore della notte era il protagonista, poliziotto di giorno e rapinatore di notte. «Nessuno come lui sa trasformare in cinema-cinema storie vere senza sacrificare un grammo di verità». Come Scorsese, appunto. Ma senza la sua fortuna. «È che Claudio occupa una casella inesistente nel nostro cinema», dice Mastandrea. «Quella del cinema di genere contaminato da contenuti forti, disturbanti. Da noi quella casella è murata». Difatti in questi anni Caligari ha messo in cantiere molti progetti, tutti conficcati negli strati più melmosi del nostro paese, ma tutti rimasti al palo.

L'hinterland milanese colonizzato dalla malavita, molto prima che la faccenda esplodesse (Anni rapaci). L'Italia raccontata dai rapinatori dietro le sbarre (da un libro-inchiesta di Emilio Quadrelli, Andare ai resti ). Il mondo delle lolite minorenni, ben prima che finisse in prima pagina (anche qui si partiva dal libro di un'inviata del Messaggero, Marida Lombardo Pijola: Ho dodici anni, faccio la cubista, mi chiamano principessa).

In un cinema più coraggioso, o almeno più libero e diversificato, Caligari non sarebbe un regista maledetto. Ma non è mai troppo tardi. Raicinema ha già promesso il suo sostegno. «Faremo crowdfunding, cercheremo una coproduzione internazionale», dice Mastandrea. Non essere cattivo si deve fare. A tutti i costi.