Uomini, donne e serpenti: il mondo arcaico e crudele del magnifico "Vulcano"

María Mercedes Croy e María Telón in
di Fabio Ferzetti
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Sabato 13 Giugno 2015, 18:08 - Ultimo aggiornamento: 18:09
​Ci sono ancora film che rivelano mondi. Grazie a talenti solitari quanto coraggiosi, luoghi, culture, persone di cui non sospettavamo l’esistenza prendono vita sotto i nostri occhi con la necessità, l’evidenza fisica, in una parola la profonda bellezza che sono il segno, raro, del grande cinema.



Il primo film del guatemalteco Bustamante, classe 1977, orso d’argento a Berlino, è uno di questi film in cui l’antropologia si fa poesia perché l’esplorazione si sposa alla forza di uno sguardo sempre alla giusta distanza dal mondo che tiene letteralmente a battesimo. Mai troppo vicino, ma nemmeno troppo lontano. Né troppo discreto, né troppo insistente. Fino ad accordare il nostro respiro con quello dei personaggi che palpitano sullo schermo, come figure balzate da un mondo remoto dentro al nostro. Senza ombra di esotismo o di miserabilismo.



Il mondo di Vulcano è quello dei contadini poveri del Guatemala. Discendenti dai Maya, non parlano spagnolo ma l’impenetrabile cakchiquel. I protagonisti sono una ragazza, Maria; i genitori che vogliono sposarla al supervisore della piantagione di caffè in cui lavorano, cakchiquel come loro ma più in alto nella scala sociale (infatti sa lo spagnolo, cosa che si rivelerà determinante). E Pepe, un ragazzo svelto che lavora a sua volta nella piantagione e sogna di andarsene negli Stati Uniti, «là dietro il vulcano» (in realtà c’è di mezzo il Messico) anche se Maria ha occhi solo per lui.



Tutto, intorno a loro, è Natura. Natura e lavoro, perché per questi cugini sudamericani dei dannati di Verga non sembra esserci altro. Ma Bustamante estrae dalla loro vita quotidiana squarci accecanti di bellezza e verità filmando tutto con lo stesso sguardo contemplativo e insieme partecipe. Un maiale ubriacato di rum per la monta, una mucca morsa da un serpente che rantola lieve, Maria che si strofina sensuale contro un albero della piantagione («qui l’aria sa di caffè e di vulcano, in America invece?»), la madre che accarezza e consola Maria in un bagno di vapore.



Mentre in città, nella civiltà, incombe un destino di sfruttamento perfino peggiore. Che il film racconta senza cambiare registro, senza alzare la voce. Con una forza emotiva e una raffinatezza visiva che lasciano stupefatti. È nato un regista. Uno vero.





VULCANO - IXCANUL

DRAMMATICO, FRANCIA - GUATEMALA, 91'

di Jayro Bustamante. Con María Mercedes Croy, María Telón, Marvin Coroy, Justo Lorenzo, Manuel Antún

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