Trentugo Tognazzi, al via il festival a Torvaianica ricordando il mitico Villaggio

Trentugo Tognazzi, al via il festival a Torvaianica ricordando il mitico Villaggio
di Roberto Venturini
8 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Agosto 2021, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 12:11

Saranno Elena Sofia RicciMarco Risi e Antonella Attili i tre grandi ospiti dei giorni clou della manifestazione TrentUgo Tognazzi, a Torvaianica, Comune di Pomezia (Roma). L’appuntamento, che omaggia Ugo Tognazzi per ricordare la ricorrenza dei 31 anni dalla sua morte, intende ricordarne cinema, passioni, vitalità, energia e poliedricità. Il festival cinematografico, che si svolgerà da venerdì 20 a domenica 22 agosto 2021 presso piazza Ungheria, avrà la direzione artistica a cura dei quattro figli di Ugo: Gianmarco, Ricky, Maria Sole e Thomas Robsahm. Durante la tre giorni, che prevede una prima parte di talk e a seguire la proiezione di un suo noto film. Per l’occasione saranno assegnati quattro premi, omaggiati da Ettore Costa, a importanti nomi del cinema italiano. In conclusione il festival si trasformerà in una mini rassegna cinematografica, da lunedì 23 a sabato 28 agosto, che proporrà alcuni dei suoi più grandi film. L’evento è organizzato dal Comune di Pomezia a cura dell'agenzia Artcloud Network. La rassegna riporta alla mente gli anni gloriosi del Villaggio Tognazzi, come scrive in questo articolo Roberto Venturini, autore di "L' anno che a Roma fu due volte Natale" (SEM), romanzo che è stato candidato per l'ultimo premio Strega.

«Ci sono due cose per le quale ci si sente sempre ricchi: un bagno caldissimo e tanta luce. La luce ti fa diventare ricco, io quando accendo le luci del tennis, questi fari abbaglianti, mi sento veramente ricco. Quando arriva la bolletta un po’ meno, però», dichiarò Ugo Tognazzi nel format RAI Ci vediamo stasera in casa di… del ’64.


Ora, di notte, la mancanza d’illuminazione di quell’istmo di terra compreso tra il degrado e l’occasione mancata un po’ offende la bellezza di quello che è stato.

Però sporgendosi dal muretto pittato di bianco, di fianco al cancellone d’ingresso di via Lugano, e dando le spalle al mare, attraverso la rete di recinsione del Villaggio Tognazzi, il campo da tennis si intravede ancora, nonostante il buio. Da anni quella porzione del litorale, che l’attore cremonese fondò un po’ come Enea fece con Roma, ha subito una specie di regressus ad uterum; una retrocessione allo stadio precedente alla sua fondazione. Sì perché prima del Grande Sogno, quella riserva incontaminata, dove nemmeno un bar ci stava e la comunità di pescatori minturnesi - unici abitanti di una terra quasi del tutto disabitata che dalla provincia di Latina si era accampata abusivamente nella zona per pescare le telline – era costretta ad andare a comprare i beni di prima necessità a piedi fino al Borgo di Pratica di Mare. Tranne che per la Torvaianica-Pomezia, neanche una strada ci stava e per raggiungere la marina si era obbligati a passare per l’unica carrareccia fangosa che attraversava Campo Selva. Dalla metà degli anni ’50 in poi, con la costruzione della litoranea che la collegava con Ostia e Anzio, Torvaianica, vittima di un’urbanizzazione sconsiderata, perse in larga parte l’antica vocazione selvaggia piagata dalla cementificazione: tipo quella che Calvino raccontò nel suo romanzo “La speculazione edilizia”.

 

Da Torvaianica, Cinecittà si raggiunge in mezz’ora. Il mare è pulito e pure la pineta ci sta, pensò probabilmente Ugo nel momento in cui, acquistati una decina di lotti incastonati tra Castel Porziano e Campo Ascolano, ci costruì casa.

Arrivato sul posto si rese conto che il territorio era pazzesco. C’era una pineta che quasi raggiungeva il mare e di fianco la splendida tenuta presidenziale arricchiva la cornice. Così, insieme a un amico di Vianello - un pilota delle frecce tricolori interessato anche lui all’acquisto di un terreno in quella zona - prese appuntamento con un agente immobiliare. Quando iniziarono a trattare il costo al metro quadro (a una cifra francamente un po’ alta) un caccia si alzo in volo dalla base militare di Pratica di Mare stordendo a tal punto i presenti che Ugo riuscì a strappare un piccolo sconto in fase di compravendita.


A frequentare per primi il nascente caseggiato furono i suoi amici di sempre: Raimondo Vianello e Luciano Salce alias Pilantra. Le case lì vennero comprate a poco a poco anche da altri che facevano cinema. Essendo però Ugo il personaggio più rappresentativo, quel posto, non avendo un nome, e conosciuto principalmente come il mare dove sta Tognazzi venne nominato Villaggio Tognazzi. In breve Ugo, oltre a costruire una villa hollywoodiana con piscina, inutilmente grande, nel lotto di via Lugano - quello che dava sul lungomare - fece edificare un campo da tennis. Il Campo da tennis. E fu grazie alla felice idea dell’attore, pessimo tennista, di arricchire con un rettangolo da gioco quel luogo che tutto ebbe inizio. Il mitico torneo di tennis lo Scolapasta d’oro – risposta goliardica all’”insalatiera d’argento”, ossia la Coppa Davis - nacque quasi per caso ma per circa venticinque anni fece di quello che poco prima fu un territorio quasi del tutto disabitato la succursale estiva di via Veneto. Il torneo prese vita in ragione del fatto che Vittorio Gassman stava girando un film diretto da Salce e così nei weekend si fermava lì, e tra il serio e il faceto Ugo organizzò in fretta e furia un torneino con una decina di persone.

Durante le gare, tra attori e gente del posto si creò una sorta di comunità dove ognuno contribuiva all’organizzazione.

Gherarducci ad esempio si occupava dell’ufficio stampa, il fratello della moglie di Ugo e altri amici che avevano casa lì badavano alla manutenzione del campo. Lo sceneggiatore Pino Patitucci era addetto agli sponsor e altre cose pratiche. Ognuno dava una mano in base alle proprie competenze. I figli degli organizzatori facevano i raccattapalle, quelli più qualificati, tipo gli ingegneri, preparavano il tabellone. Per oltre vent’anni i  personaggi più noti del cinema e della cultura italiana parteciparono all’iniziativa del popolare attore cremonese con lo scopo principale di creare un’occasione d’incontro tra i protagonisti del grande schermo nostrano, lontano dal rumore delle macchine da presa. La manifestazione crebbe nel tempo al punto che poi fecero pure una diretta su Canale 5 e diventando un evento di portata tale da aver bisogno di partner per fronteggiare spese folli che Tognazzi non intendeva sostenere.

Grazie al meraviglioso impianto notturno che gli dava la possibilità di vedere i suoi amici giocare anche di notte, la gente che passava sulla litoranea, vedendo i fari accesi sul campo, si fermava a guardare. L’ingresso era libero da via Lugano e i curiosi entravano in massa. Per la gente comune che abitava nel Villaggio invece i Tognazzi avevano messo a disposizione un accesso apposito dal quale si accedeva al campo attraverso casa loro.

Al termine delle gare, le serate terminavano con cene preparate personalmente da Ugo: il grande mattatore.
La leggenda narra di quella volta che Vianello e Paolo Villaggio saccheggiarono insieme la depandance della villa che era stata adibita a cantina - dove Ugo teneva i prodotti che venivano dalla casa di Velletri - per manifestare la loro contrarietà nei confronti del menu esotico proposto dal proprietario di casa. Quando Tognazzi riemerse dalla cucina con le “costine alla Mao” e le temibilissime “ciuepin” (pizzette al succo di melanzana) - retaggio del periodo cinese di Ugo - Raimondo e l’attore genovese si barricarono nello scantinato depredandolo di ogni tipo di insaccati.

Per un attimo, il ricordo dell’età dell’oro di quella porzione del litorale romano carezza la ghiandola della felicità. Coloro i quali quella favola l’hanno vissuta, sia pure da spettatori, passando davanti al campo da tennis iniziano a recuperare dal passato qualche briciola di un immaginario fatto di aneddoti legati a quell’arena che fanno nascere un sorriso sulla bocca.

E allora è tutto un: ma ti ricordi di quando Aurelio, il proprietario dell’alimentari del Lungomare delle Sirene, vedendo Renato Rascel - il più rosicone di tutto il torneo – si incarognì con l’arbitro durante la semifinale del singolare accusandolo di favorire l’avversario Franco Interlenghi, e attaccandosi alla rete del campo gridò: «A Renà, sei piccolo ma grande». Oppure: perché, quella volta che Villaggio e Tognazzi si travestirono da donne nella partita contro Panatta e Pietrangeli? E quella sera che Ugo ha sfilato a via Lugano su un elefante?
Passando da un racconto all’altro si ha spesso la sensazione di trovarsi davanti a vecchie fotobuste cinematografiche, scatti di scena che colgono le intenzioni, gli umori, la leggerezza e l’ironia di quel miracolo generato dallo straordinario fenomeno che fu “l’estate all’ombra del Villaggio Tognazzi”.

Ugo Tognazzi con i figli in piscina

Fortunatamente dove il ricordo non arriva l’archivio fotografico della kermesse ci mette una pezza. Uno degli scatti più suggestive è senza dubbio quello di Ugo seduto in tribuna, in mezzo alla gente, con i bermuda Sergio Tacchini, una camicia a fiori tutta colorata e dei Rayban con le lenti gialle. Bello, ma non come ne La vita agra. Più come in Arrivederci e grazie. Accanto a lui un giovanissimo Francesco Nuti. Tognazzi si guarda il mondo suo con soddisfazione e sugli occhi un impercettibile velo di malinconia, quella che generalmente si ha quando qualcosa di bello sta per finire. Come quando si ritorna a casa da una lunga vacanza consapevoli che l’estate sta terminando.

Oggi, di notte, malgrado tutto, il macchione scuro compreso tra il degrado e l’occasione mancata non è più illuminato dai fari del campo da tennis ma dal ricordo di quello spettacolo durato venticinque atti, scritto, diretto e interpretato da una delle scie più luminose del cinema italiano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA