Transformers 4, l'era del cinema-robot

UNO DEI SUPER ROBOT VENUTI DALLO SPAZIO DI TRANSFORMERS
di Fabio Ferzetti
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Sabato 19 Luglio 2014, 21:09 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 19:26

D come Dollari, D come Demenza, D come Distruzione. Se i nuovi Blockbuster in 3D sembrano ormai fatti in serie, la serie creata da Michael Bay detta legge quanto a estetica e schemi narrativi. Inutile girarci intorno: il 49enne regista californiano è a suo modo un “autore”, tanto è riconoscibile il tocco greve con cui macina gli spunti più disparati per poi gettarli nel calderone dei suoi filmaccioni.

Metafora Chi ha visto gli altri Transformers sa di cosa parliamo (ma il terrificante Pearl Harbour, con le sue pretese “storiche” in salsa teenager, era anche peggio).

Il problema è che questo sistema somiglia maledettamente al modo con cui oggi a Hollywood si fabbricano i blockbuster. Anzi è fin troppo facile dire che questi robot venuti dallo spazio, divisi in buoni e cattivi (Autobot e Decepticon), capaci di assumere in un lampo l’aspetto di qualsiasi macchina e soprattutto di distruggere tutto ciò che l’uomo ha creato, sono la perfetta metafora del cinema che rappresentano.

Distruggete, distruggete Un aggregato instabile di forme e trovate prese in prestito dai più vari orizzonti all’insegna dello spettacolo più facile, fracassone e soprattutto indolore. Distruggete distruggete, qualcosa resterà. Anzi non resterà nulla: ma è proprio questa la filosofia del film. Uno spettacolo che si esaurisce nella sua visione (peraltro confusa, tale è il mulinare di pixel che si abbatte sullo schermo). Abbiamo già visto mille volte l’inventore dilettante travolto da una faccenda più grossa di lui (Mark Wahlberg: l’inventore più muscoloso della storia), i cattivi della Cia alleati con le multinazionali decise a ricreare i Transformers in laboratorio (il sempre spiritoso Stanley Tucci), il grande e nobile guerriero che risolleverà le sorti della guerra affrontando pericoli terribili (naturalmente Optimus Prime, “riassunto” high-tech di mille generali e presidenti visti al cinema; con la tecnologia in più perché oggi le guerre le fanno le armi, non i soldati, e un personaggio-arma è l’ideale).

Sazietà Solo che qui tutto è così pesante, forsennato e ripetitivo da generare sazietà. Da quando le astronavi dei Transformers, nel prologo, calano sulla Terra estinguendo i dinosauri, sappiamo che Bay ricapitolerà implacabilmente cent’anni di cinema fantastico in un film solo. Con sauri e samurai, dragoni volanti e città distrutte, mostri spaziali e spade nella roccia. E non bastano certo i siparietti farseschi (spesso divertenti peraltro) o la varietà “geografica” (lo sfrenato epilogo a Hong Kong) ad alleggerire un film obeso, interminabile, privo di misura e vero divertimento.

Muscoli e pixel Altro che prendere in giro il cinema di una volta, con la scena (assai greve) del proiezionista nostalgico perso tra le sue vecchie locandine. L’uso “muscolare” del digitale sta uccidendo la dimensione del meraviglioso. E su questo c’è davvero poco da ironizzare.

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