Se un maiale unisce israeliani e palestinesi: la farsa di Un insolito naufrago

Un'immagina da Un insolito naufrago nel'inquieto mare d'Oriente
di Fabio Ferzetti
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Venerdì 20 Giugno 2014, 20:58
Prima o poi qualcuno scriver una storia del cinema dal punto di vista degli animali, nel senso degli animali usati come personaggi a tutto tondo. Allora sì che ne vedremo delle belle. Dalla vacca di Buster Keaton all’asino di Bresson fino ai compagni di sventura del naufrago in Vita di Pi, passando per chissà quanti cani, gatti, scimmie e cavalli (perfino Godard ha messo il cane di casa al centro del suo ultimo film), registi e autori non hanno smesso di ricorrere alle più varie specie animali per sviluppare il racconto e talvolta il sottotesto filosofico, sociale o religioso dei loro film.



Un maiale, che paura

A quest’ultima categoria appartiene senz’altro il maiale beffardamente piazzato dall’esordiente Sylvain Estibal nelle reti di un pescatore... palestinese. Il maiale è infatti l’animale più impuro che ci sia per i musulmani. E tirare su con la rete un bel porcellino vivo, nel mare sempre meno pescoso di Gaza, è un oltraggio e una disgrazia per il povero Jafaar (lo straordinario Sasson Gabay che qualcuno ricorderà nel film israeliano La banda).



Non bastavano la miseria e quei soldati di Tsahal che si sono piazzati sul tetto della casa di Jafaar e di sua moglie per tenere d’occhio le vicine colonie. Adesso arriva pure quel maiale, che il pio pescatore considera una vergogna terribile e cerca perfino di eliminare a colpi di kalashnikov, anche se non farebbe male a una mosca.



Sacro suolo

Prima di scoprire che poco più in là proprio i coloni allevano in gran segreto proprio dei maiali. Tenendoli su assi sospese perché non tocchino il sacro suolo d’Israele (pare che accada davvero). Ma insomma li allevano e ci guadagnano. Tanto che Jafaar, passato lo stupore, si metterà "in affari" proprio con una giovane colona, che come lui sembra l’unica del suo campo immune dalla violenza e dalla follia che regnano in quelle terre.



Il resto non si racconta perché "Le cochon de Gaza", cioè Il maiale di Gaza, come suona il titolo originale, è un film satirico abbastanza all’antica e non sempre molto sottile, che però ha dalla sua diverse anomalie molto interessanti. La più vistosa riguarda l’autore, uno scrittore e giornalista franco-uruguayano estraneo al cinema come alle due nazionalità in gioco nel film. Il che sulle prime può lasciare perplessi, ma fa riflettere.



Chaplin e Fernandel

Perché mai sulla questione palestinese (o israeliana) dovrebbero intervenire solo i diretti interessati? Estibal difende la sua libertà d’autore, scompiglia le carte, non rispetta niente e nessuno. E tra un omaggio a Chaplin e uno a Fernandel sfiora l’Intifada, il muro d’Israele, il fanatismo e il culto dei martiri. Lasciando il terreno della farsa solo per un’isolata impennata poetica (nel frattempo l’ingenuo Jafaar è diventato il primo “martire” vivo e vegeto - in pratica una star - della storia islamica...). Peccato he il doppiaggio italiano cancelli le differenze di lingua e cultura fra i protagonisti. Ma queste sono ingiustizie di casa nostra.


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