Festival di Cannes, Sylvester Stallone "scortato" dalla moglie e dalla figlia

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Sabato 25 Maggio 2019, 16:11 - Ultimo aggiornamento: 16:14
Accompagnato dalla moglie Jennifer Flavin e dalla figlia Sistine, Sylvester Stallone è stato protagonista assoluto al Festival di Cannes. «Never stop punching», mai smettere di dare i pugni, mai smettere di lottare dice l'attore ritenendo quello il messaggio più forte, l'eredità dei personaggi iconici del suo cinema, Rocky e Rambo.

L'attore è stato osannato dai 1000 giornalisti presenti alla sala Debussy per la sua "lezione" di cinema in occasione della proiezione speciale fuori concorso di Rambo - first flood, il primo della saga, datato 1982 e ora restaurato alla vigilia dell'uscita mondiale a settembre di Rambo V di cui saranno proiettate le prime immagini. Applausi, standing ovation, e anche un regalo durante l'incontro durato un'ora e 40 minuti circa: la foto incorniciata di Jean Paul Belmondo, suo fan, con indosso i guantoni da boxeur.

In sala c'erano anche giornalisti con maglie a tema Rocky Balboa. «Un nuovo Rocky? Con braccia o senza braccia», ha scherzato l'attore ironizzando sulla tenuta fisica di quel fantastico personaggio nato nel 1976, diventato film da ben tre Oscar, «nell'anno - ha ricordato Stallone con la sua voce grave inconfondibile, dovuta, ha spiegato, ad un problema alla nascita - di Taxi Driver e di Tutti gli uomini del presidente». Stallone, stivaletti texani, camicia a scacchi, jeans e maglietta scura, ha sottolineato le differenze tra l'«ottimistico» Rocky e Rambo «che invece dà forma alla parte oscura di ciascuno di noi». Quest'ultimo è stato simbolo dell'America di Reagan, ma l'attore ha negato «non l'ho mai concepito con un'anima politica, non la sento io e non la sente lui, semmai patriottica. Il personaggio ha una grande storia, è nato leggendo della solitudine e della rabbia dei veterani del Vietnam e dei tantissimi che tentavano di uccidersi. Una volta uscito il film nel 1983 mi chiamò il presidente Reagan e mi disse: "Rambo, ecco un vero repubblicano" e così è cominciata questa leggenda».

Sylvester Stallone, 73 anni e un fisico ancora molto atletico e muscoloso «ma non per vanità o narcisismo, ho modellato il mio fisico per entrare nei personaggi come hanno fatto Harvey Keitel e Robert De Niro. Il linguaggio del corpo non è meno importante di altro». Sly ha spiegato come si senta tutt'uno con Rocky e Rambo, «non ho mai separato me stesso da loro, ne ho interpretato, sentito, le vittorie e i fallimenti, la solitudine e la gioia. Esprimono entrambi l'umanità e la difficoltà di essere in equilibrio con il mondo intorno».

Il primo personaggio, Rocky lo ha lanciato nel firmamento cinematografico 43 anni fa quando era un attore di secondo ordine: «Nessuno voleva investire in quella storia invece l'amore per la boxe aveva unito tutti noi che nel film abbiamo lavorato non per i soldi ma per la passione. Poi quando il film usci fu un enorme incredibile successo: questo è il potere del cinema che immediatamente ti fa sentire vicino e complice ad un personaggio e così accadde per Rocky che al pubblico trasmetteva la voglia indomabile di non arrendersi».

Non tutti i suoi film sono stati successi nonostante il richiamo di Stallone: «Rocky V, nel 1990, è stato un disastro, ero depresso, la mia carriera a picco, non ricevevo più telefonate, poi dopo 16 il nuovo Rocky Balboa mi ha rimesso in pista, ma ho molti rimpianti soprattutto rispetto a tanti film di scarsa qualità che ho fatto con il pilota automatico. A volte capita di rivederli e sentire mia figlia che mi dice "ma che robaccia è?" ecco in quei casi spengo subito la tv». E il suo "rivale" Arnold Schwarzenegger? «Dopo 35 anni ci siamo ritrovati insieme sul set per I mercenari e siamo diventati amici»
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