Schrader superstar a Roma
"Il mio cinema arrabbiato"

Paul Schrader con i ragazzi del Cinema America
di Gloria Satta
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Sabato 15 Giugno 2019, 20:55
Centinaia di persone sedute sul prato sotto le stelle per vedere (o rivedere) Taxi Driver, applaudire a scena aperta il protagonista Robert DeNiro e tributare un’ovazione a Paul Schrader, che di quel cult diretto da Martin Scorsese nel 1976 ha firmato la sceneggiatura, la prima di una lunga carriera: questo lo scenario che ieri sera, al Parco della Cervelletta, ha accolto il grande regista americano, 72, primo ospite internazionale del Cinema in Piazza, la rassegna organizzata fino al 1° agosto dai Ragazzi del Cinema America guidati da Valerio Carocci. Stasera, in Piazza San Cosimato, Schrader presenterà il suo First Reformed, realizzato nel 2017, applaudito a Venezia ma mai distribuito in Italia. Il regista di American Gigolo, Il bacio della Pantera, Mishima («non ha avuto fortuna, ma resta uno dei miei preferiti»), Cane mangia cane è appena sbarcato da New York e sorseggia caffé nero contro il jet lag. Con il consueto disincanto, orologio d’oro massiccio e sguardo sornione, racconta al Messaggero la sua carriera orgogliosamente indipendente, le sue idee tutt’altro che concilianti sul cinema e sul mondo, i progetti.
Perché ha deciso di partecipare al Cinema in Piazza?
«Antonio Monda (il direttore della Festa di Roma, ndr) mi aveva parlato con entusiasmo di questa rassegna. Io ho capito che era un’iniziativa cool, fortisssima, così ho preso l’aereo ed eccomi qui».
Che rappresentano per lei ”Taxi Driver” e ”First Reformed”?
«Sono i due film che definiscono la mia vita. Aprono e chiudono l’arco della mia creatività, entrambi hanno per protagonista un uomo arrabbiato».
E’ arrabbiato anche lei?
«Non nel senso classico. Ho una bella vita, non mi manca niente ma chiunque oggi abbia un minimo di consapevolezza di come vanno oggi le cose non può non essere arrabbiato».
Che effetto le fa sapere che milioni di persone nel mondo ripetono da oltre 40 anni la battuta «Stai parlando con me?» da lei scritta per ”Taxi Driver”?
«La gente ripete un sacco di scemenze (ride, ndr)».
Le dispiace che in diversi Paesi, oltre all’Italia, "First Reformed" non sia stato distribuito?
«La sala è diventata sempre più marginale. Sopravvive solo per ospitare i kolossal dei supereroi e i film per bambini, che trascinano al cinema tutta la famiglia. Il sistema degli studios è morto, soppiantato dallo streaming. Inutile stracciarsi le vesti o fare crociate: vedere i film in casa è la realtà di oggi, dobbiamo prenderne atto».
Sull’ultimo Oscar è andato giù duro, affermando che aveva vinto la mediocrità: le è dispiaciuto non ricevere la statuetta per la sceneggiatura di ”First Reformed”, andata invece a ”Green Book”?
«Avrei voluto vincere, ma pazienza. L’Oscar è un evento popolare. Nella lista dei decorati, non si trovano molti film che hanno cambiato la storia del cinema».
Perché ha denunciato sui social il fatto che i produttori le abbiano impedito di scritturare Kevin Spacey, accusato di abusi sessuali?
«I crimini riguardano la vita, non l’arte. Kevin sarebbe stato perfetto per un film che avevo in mente di girare. La sua emarginazione è la prova che il movimento #MeToo, sia pure giusto nelle intenzioni, è andato troppo lontano».
Anche Harvey Weinstein è una vittima di questa deriva?
«Lui non stava simpatico a nessuno, tutti sapevano del suo comportamento: ha rappresentato il bersaglio ideale».
Cosa conosce del cinema italiano?
«La stagione d’oro di De Sica, Antonioni, Bertolucci, Fellini, Olmi. Ma anche oggi avete dei bei talenti, come Paolo Sorrentino».
Ha progetti?
«Ho pronte un paio di sceneggiature, vedremo».
Perché oggi non si fanno più film come ”Taxi Driver”?
«Odio sguazzare nella nostalgia, penso che si facciano delle buone cose anche oggi. La differenza è che un tempo il cinema ti dava da vivere, oggi non vieni pagato».
I suoi film riflettono una visione pessimistica della vita. Vede nero anche al di fuori dello schermo?
«Per forza, la specie umana non sopravviverà a questo secolo. Verrà distrutta dalle armi nucleari, dalla catastrofe climatica e dall’Intelligenza Artificiale. Stiamo costruendo i robot, i nostri successori».
Non ci sono speranze, lei non ha sogni?
«Macché sogni, il mondo andrà dove deve anndare. Noi, la generazione nata dopo la guerra, abbiamo avuto la migliore vita possibile e ci siamo fottuti. Siamo diventati egoisti e abbiamo lasciato ai nostri figli una società in pezzi. Se fossi giovane sarei molto incazzato».
E del presidente Donald Trump cosa pensa?
«Non è un bel momento, questo. Un tempo ero orgoglioso di vivere in America, oggi non lo sono più».
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