“Più i ruoli sono difficili e più mi diverto”. “Se avessi la bacchetta magica farei incontrare Papa Francesco e il Dalai Lama: insieme potrebbero insegnare al mondo a porre fine alla violenza”. E ancora: “Da tanti anni sogno di girare un film in Italia: magari con Bertolucci, ma ci sono anche tanti altri registi con i quali lavorerei volentieri”. Carismatico, disponibile, allegro, Richard Gere ha presentato a Roma uno dei suoi ultimi film: “Franny”, opera prima di Andrew Renzi, interpretato anche da Dakota Fanning e Theo James, atteso nelle sale il 23 dicembre con Lucky Red.
E’ un film drammatico e il bellissimo Richard ha il ruolo di un eccentrico miliardario filantropo, Franny, che si insinua nella vita della figlia dei suoi più cari amici, uccisi molti anni in prima in un incidente stradale in cui era stato coinvolto anche lui. Franny, che nasconde un terribile segreto, vuole a tutti i costi aiutare la ragazza e suo marito fino a diventare invadente, opprimente, quasi uno stalker…
“Franny è un film indipendente a basso costo, e in questa fase della mia carriera dopo aver lavorato alle grandi produzioni hollywoodiane adoro i progetti di dimensioni più ridotte”, spiega Gere, 66 anni. “Mi è molto piaciuta la sceneggiatura alla quale ho aggiunto un po’ di umorismo nero: anche le vicende più drammatiche della vita, paradossalmente, hanno un lato buffo”. Il suo personaggio è divorato dai sensi di colpa: ne ha anche lui? “C’è forse qualcuno che non ne ha? Fatemelo conoscere!”. Presto uscirà un altro film indipendente girato da Richard, “Gli invisibili” in cui l’attore fa un barbone e vaga per le vie di New York. E cosa pensa delle stragi di massa che insanguinano periodicamente l’America? “Nel mio Paese circolano troppe armi, bisogna dire basta. L’essere umano dovrebbe ritrovare le sue radici: la saggezza e la compassione”.
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