Scamarcio: «Assurdo vergognarsi di film sentimentali»

Scamarcio: «Assurdo vergognarsi di film sentimentali»
di Gloria Satta
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Giovedì 30 Gennaio 2020, 08:45 - Ultimo aggiornamento: 09:17

Malgrado l'influenza, Riccardo Scamarcio affronta diligentemente la promozione del film di Guido Lombardi Il ladro di giorni che, ispirato all'omonimo romanzo del regista (Feltrinelli), e presentato in anteprima alla Festa di Roma, sarà in sala il 6 febbraio. «Gran lavoratore del cinema», secondo la sua stessa definizione, cinque film girati nel 2019 e quattro all'orizzonte («fuori dal set mi annoio»), l'attore 40enne interpreta una storia a tinte forti: fa un ex criminale che, uscito di galera dopo sette anni, va a riprendersi il figlio undicenne adottato dagli zii e con il ragazzino, quasi uno sconosciuto, inizia armato di pistola un viaggio costellato di peripezie, incontri e sorprese dal Trentino alla Puglia. Per arrivare a ricostruire un rapporto familiare mancato: l'adulto scopre il figlio che non ha mai vissuto, il piccolo ritrova il padre e impara, nonostante tutto, a volergli bene.
IL CORAGGIO DEI SENTIMENTI
«Ho voluto girare questo film perché è un mélo e ha dunque il coraggio di parlare di sentimenti, cosa che il cinema italiano ha smesso di fare da molto tempo», spiega Riccardo che ad aprile vedremo in Tre piani diretto da Nanni Moretti. «Il ladro di giorni racconta una storia spezzata, quella tra un padre e un figlio, che mi ha ricordato Il campione di Franco Zeffirelli che aveva per protagonisti un pugile e um bambino. Ma il film di Lombardi parla anche di vendetta e di formazione. Adoro il cinema che vuole emozionare gli spettatori, anche a costo di farli piangere», dice l'attore. E confessa di essere cresciuto a pane e mélo: «Film toccanti come Elephant Man hanno scandito la mia infanzia e non mi stanco di rivedere Nuovo Cinema Paradiso. Dolore, ingiustizia, separazione, sentimenti estremi: un tempo i nostri registi erano bravissimi nel raccontare queste emozioni, oggi chissà perché se ne vergognano». Sul set di Ladro di giorni, prodotto da Indigo con Bronx e RaiCinema, Scamarcio ha diviso la scena con Augusto Zazzaro, 11 anni ai tempi delle riprese, nel ruolo di suo figlio: «I ragazzi sono attori per antonomasia, non hanno filtri», ragiona, «e ad Augusto, che vorrebbe continuare a frequentare il set, ho consigliato di frequentare una scuola di recitazione, almeno per un periodo. Anche se non credo nella tecnica esasperata: da quando abbiamo introdotto il metodo all'americana, il cinema si è popolato di professionisti e ha perso l'autenticità». Con quali criteri Scamarcio sceglie i film da interpretare? «Mi baso sugli incontri umani. Cerco sempre di lavorare con chi, al di là del cinema, ha qualcosa da comunicarmi».
RUOLI ESTREMI
E come spiega il fatto che nei suoi ultimi film, da Loro a Il testimone invisibile, Lo spietato, Il ladro di giorni, ha interpretato spesso dei personaggi poco edificanti, provvisti di un lato oscuro? Si tratta di una scelta o di una coincidenza? «È un caso. Il cinema punta da sempre sulle figure estreme che esprimono meglio il lato emotivo della vita, che è estrema a sua volta. E io non ho mai programmato la carriera, per carità, faccio soltanto le cose che mi piacciono». Tra queste c'è l'attività di produttore che, dopo Pericle il Nero (un altro criminale), l'ha portato a mettere ora in cantiere Gli infedeli, remake di una commedia francese, e l'opera prima L'ultimo paradiso. Magari progetta di diventare anche regista? «Per il momento non se ne parla, ho già abbastanza lavoro come attore e come produttore», risponde Scamarcio.
SPETTATORE
Che di recente, tra un set e l'altro, si è riscoperto spettatore: «Ho molto amato The Irishman, C'era una volta Hollywood, Joker. E, tra i film italiani, A Tor Bella Monaca non piove mai, l'opera prima di Marco Bocci: è stato bravissimo, mi ha conquistato».
 


 

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