Cannes, i ponti di Sarajevo. Tredici registi per raccontare la città simbolo del Novecento

Cannes, i ponti di Sarajevo. Tredici registi per raccontare la città simbolo del Novecento
di Fabio Ferzetti
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Giovedì 22 Maggio 2014, 17:05 - Ultimo aggiornamento: 23:12
​Tredici registi europei e una citt simbolo del Novecento: Sarajevo. La perla dell'impero austroungarico in cui scoppiò la scintilla della Prima guerra mondiale, ma anche la capitale bosniaca in cui per secoli hanno convissuto pacificamente popoli e religioni diverse, martoriata da un assedio interminabile negli anni Novanta.



E' I Ponti di Sarajevo, film a episodi proiettato fuori concorso al festival di Cannes. I 13 registi appartengono a un ventaglio di paesi e generazioni molto ampio. Oltre agli italiani Leonardo di Costanzo e Vincenzo Marra, ci sono la bosniaca Aida Begic, i francesi Jean-Luc Godard e Isild Le Besco, Il bulgaro Kamen Kalev, l'ucraino Sergei Loznitsa, la svizzera Ursula Meier, il serbo Vladimir Perisic, il romeno Cristi Puiu, il catalano Marc Recha, la tedesca Angela Schanelec, la portoghese Teresa Villaverde.



A coordinare questo insolito mosaico di voci e di stili, lasciando naturalmente a ognuno di loro assoluta libertà, e' invece il critico francese Jean-Michel Frodon. Non era un'impresa facile, anche perché nei 13 diversi episodi si intrecciano logiche e linguaggi diversi. Chi ricorre alla finzione, chi al documentario, chi mescola l'una all'altro. E se molti (Kalev, Schanelec, Perisic), significativamente, tornano all'assassinio dell'Arciduca, all'attentatore Gavilo Princip e al nazionalismo jugoslavo da cui proveniva, altri partono da Sarajevo per interrogare la memoria della Prima Guerra Mondiale, l'assedio degli anni 90 e le sue conseguenze, o il modo in cui cinema e tv raccontano la guerra (Godard naturalmente, che a Sarajevo era stato durante l'assedio, e ha messo la citta' al centro di molti dei suoi ultimi film).



Diverse tra loro anche le strade scelte dai due italiani (entrambi napoletani curiosamente). Di Costanzo, il documentarista passato alla finzione col magnifico L'intervallo, adatta un racconto di Federico De Roberto, La paura, portandoci in una trincea della Prima guerra mondiale, dove un ufficiale deve decidere se continuare a mandare a morte certa i suoi uomini, decimati da un cecchino austriaco, o rischiare la fucilazione. Mentre Marra, con Il ponte, cerca Sarajevo a Roma nella persona di due esuli bosniaci, lei cristiana, lui musulmano, che vedono in modo molto diverso la possibilita' di tornare nella loro città.



Ma il film, ricorda il suo direttore artistico, suggerisce molte altre interpretazioni. "Sarajevo è anche la città dell'"Arte di Vivere" come l'hanno definita molti osservatori dei suoi giorni più bui, l'antesignana di quella costituzione multietnica e pluriculturale a cui la stessa Unione Europea s'ispira; un sogno sempre rinnovato malgrado gli alti e bassi della Storia. Oggi, con il nostro progetto, vogliamo dare alla capitale bosniaca quella connessione con il corpo palpitante del cinema europeo che a lungo è mancata».



La collezione dei corti, dopo la presentazione al Festival di Cannes, andrà a giugno a Sarajevo, in apertura dell'evento "Sarajevo nel Cuore d'Europa" che apre la rivisitazione del centenario dello scoppio della Grande Guerra. Benché sia prodotto dalla MIr di Francesco Virga e Gianfilippo Pedote con il sostegno di Raicinema, il film non ha invece ancora una distribuzione in Italia. Anche al cinema, decisamente, la storia si ripete...
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