Morto Peppino Rotunno, il leggendario direttore della fotografia di Visconti e Fellini

Morto Peppino Rotunno, il leggendario direttore della fotografia di Visconti e Fellini
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Domenica 7 Febbraio 2021, 21:09 - Ultimo aggiornamento: 21:20

Addio al leggendario direttore della fotografia di Cinecittà e Hollywood Giuseppe "Peppino" Rotunno, collaboratore di grandi registi come Luchino Visconti, Federico Fellini, Mario Monicelli, Lina Wertmüller, Alan Pakula, Robert Altman e Sydney Pollack. È morto nella sua casa di Roa all'età di 97 anni. Sensibile interprete della tradizione realista, dapprima nel bianco e nero e poi anche nel colore, Rotunno ha firmato la fotografia di capolavori come «Amarcord», «Il gattopardo», «Rocco e i suoi fratelli» e «La Bibbia». Nel corso della sua lunga carriera ha ottenuto otto Nastri d'argento, cinque David di Donatello, di cui uno alla carriera e uno speciale, una nomination all'Oscar e un Bafta Award nel 1980 per «All that jazz - Lo spettacolo continua» di Bob Fosse, una nomination ai Bafta per «Il Casanova» di Fellini, un Prix Camérimage e un American Society of Cinematographers International Award alla carriera nel 1999.

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Nato a Roma il 19 marzo 1923, dopo la morte del padre, titolare di una sartoria, nel 1938 Peppino Rotunno dovette abbandonare gli studi per aiutare la famiglia.

Approdato a Cinecittà, vi lavorò come apprendista elettricista e quindi, presso lo studio fotografico di Arturo Bragaglia, come addetto alla correzione dei negativi e allo sviluppo, stampa e lucidatura delle fotografie, e in seguito anche come fotografo di scena. Passò al reparto operatori in qualità di consegnatario-macchina e assistente di Renato Del Frate, ma nel 1941 venne licenziato per un gesto di ribellione contro i simboli del regime fascista Dopo essere stato operatore alla seconda macchina in «L'uomo dalla croce» (1943) di Roberto Rossellini, fu arruolato nel reparto cinematografico dello stato maggiore dell'esercito e inviato in Grecia. Catturato dai tedeschi nel settembre 1943, venne deportato in Germania, nei lager di Hattingen e Winten, dove lavorò anche come proiezionista.

Ritornato in patria, dal 1946 fu assistente degli operatori Rodolfo Lombardi, Otello Martelli, Carlo Carlini e Gabor Pogany. Ebbe la grande occasione della sua carriera quando sostituì Gianni Di Venanzo al fianco del direttore della fotografia G.R. Aldo per «Umberto D.» (1952) di Vittorio De Sica. Operatore nel primo film a colori di Visconti, «Senso» (1954), quando Robert Krasker abbandonò il set per contrasti con il regista, fu lui a condurre a termine le riprese, pur senza essere accreditato. Questa esperienza gli procurò la fama di abile manipolatore dei negativi a colori, all'epoca dotati di scarsa sensibilità, e gli aprì la strada per la carriera di direttore della fotografia, nella quale esordì con «Pane, amore e…» (1955) di Dino Risi.

Firmò poi le immagini a colori di grandi produzioni italiane e americane, tra cui «Tosca» (1956) di Carmine Gallone, «Policarpo, ufficiale di scrittura» (1959) di Mario Soldati, «La Maja desnuda» (1959) di Henry Koster. Nel campo del bianco e nero dette tridimensionalità ai corpi attraverso la gamma dei grigi e l'uso di velatini e garze, con risultati di grande raffinatezza nei drammi viscontiani «Le notti bianche» (1957) e «Rocco e i suoi fratelli» (1960), insuperato esempio di sensualità chiaroscurale che gli valse il suo primo Nastro d'argento, nel kolossal «L'ultima spiaggia» (1959) di Stanley Kramer, e nelle commedie di Mario Monicelli «La grande guerra» (1959) e «I compagni» (1963). Con «Cronaca familiare» (1962) di Valerio Zurlini portò il colore nel genere drammatico, sovvertendo i canoni fotografici dell'epoca. La sua cultura visiva gli consentì di condurre in porto progetti raffinati come «Il Gattopardo» (1963) di Visconti, denso di richiami figurativi alla pittura ottocentesca, e grandi operazioni spettacolari quali «La Bibbia» (1966) di John Huston.

Nel campo del bianco e nero dette tridimensionalità ai corpi attraverso la gamma dei grigi e l'uso di velatini e garze, con risultati di grande raffinatezza nei drammi viscontiani «Le notti bianche» (1957) e «Rocco e i suoi fratelli» (1960), insuperato esempio di sensualità chiaroscurale che gli valse il suo primo Nastro d'argento, nel kolossal «L'ultima spiaggia» (1959) di Stanley Kramer, e nelle commedie di Mario Monicelli «La grande guerra» (1959) e «I compagni» (1963). Con «Cronaca familiare» (1962) di Valerio Zurlini portò il colore nel genere drammatico, sovvertendo i canoni fotografici dell'epoca. La sua cultura visiva gli consentì di condurre in porto progetti raffinati come «Il Gattopardo» (1963) di Visconti, denso di richiami figurativi alla pittura ottocentesca, e grandi operazioni spettacolari quali «La Bibbia» (1966) di John Huston.

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