Da Castro dei Volsci, presepe arroccato su un cucuzzolo della Ciociaria, a un posto d'onore nella storia dello spettacolo, del costume, del nostro stesso Paese: 100 anni fa, il 22 marzo 1921, nasceva Nino Manfredi che, sopravvissuto da bambino alla tubercolosi, laureato in Giurisprudenza per far contento il padre maresciallo, avrebbe poi espresso la sua arte nel cinema, in teatro, alla radio, in tv. Connotando un'epoca, dagli anni Cinquanta ai Novanta, influenzando comportamenti e mentalità, rendendo grande un cinema che appartiene ormai al passato, ai ricordi, ai rimpianti: quel cinema capace di fare incassi folli, radicarsi nell'immaginario collettivo, creare uno star system a prova di concorrenza straniera.
GLI ANNI D'ORO
Orgogliosamente ciociaro di origine e italianissimo per carriera, Saturnino Manfredi in arte Nino è stato attore, regista, sceneggiatore, cantante, doppiatore, colonnello della risata con Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi negli anni d'oro in cui l'industria del cinema si sosteneva grazie alla commedia italiana, genere doc ancora applaudito nel mondo e mai più replicato.
I TITOLI
Tra i suoi film spiccano Io la conoscevo bene, Operazione S. Gennaro, Riusciranno i nostri eroi..., Nell'anno del Signore, Pane e cioccolata, C'eravamo tanto amati, Brutti sporchi e cattivi, Café Express, le folgoranti regie L'avventura di un soldato e Per grazia ricevuta.
Fanno parte della nostra storia anche l'umanissimo Geppetto interpretato nel Pinocchio tv di Luigi Comencini e il travolgente Rugantino di Garinei e Giovanni rappresentato pure a Broadway.
Mentre ora documentari, libri e restauri celebrano il centenario, Roberta, primogenita 64enne dei tre figli del grande Nino e della moglie Erminia, ricorda il coraggio del padre. «Ha costantemente alzato l'asticella della qualità e non ha avuto paura di interpretare ruoli sgradevoli come il baraccato in Brutti sporchi e cattivi o l'uomo armato in Il Giocattolo», afferma la produttrice. «Non ha temuto di perdere la simpatia del pubblico familiare nemmeno quando decise di appoggiare le battaglie civili di Marco Pannella». Sapeva assumersi le proprie responsabilità, aggiunge Roberta rievocando la vicenda di Tonina, la figlia bulgara. «Papà adorava nostra madre ma, come tanti maschi, cercava le emozioni. E quando, come un fulmine a ciel sereno, spuntò quella ragazza affermando di essere sua figlia, gli tornò alla mente la scappatella di una notte vissuta molti anni prima a Sofia e accettò di sottoporsi alla prova del sangue che confermò la sua paternità. Mamma lo perdonò allora come in occasione di altre distrazioni. Li legava un amore grandissimo».
Ricorda Manfredi anche anche Lino Banfi, 84, compagno di set negli ultimi lavori del grande attore: i film tv Un difetto di famiglia in cui Nino interpretava un gay «in tempi in cui l'omosessualità non era stata sdoganata» e Un posto tranquillo in cui i due facevano i frati. «Diventammo amici, avevamo alle spalle una storia simile fatta di miseria e malattia: da piccolo lui era guarito dalla tubercolosi, io dal tifo», racconta Banfi.
GLI EREDI
«Nino si dichiarava ateo e io decisi di convertirlo. Negli ultimi tempi, quando era ormai condannato, piazzai un'immagine di Padre Pio ai piedi del suo letto e seppi da Erminia che lui la guardava di nascosto. Qualche dubbio devo averglielo messo...». Ha un successore, Manfredi? Roberta indica Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Luca Marinelli. Secondo Banfi, Nino rimarrà un esemplare unico: «Giganti come lui e Alberto Sordi se ne vanno senza lasciare eredi».