Mattia Torre, un anno senza il grande autore. Caterina Guzzanti: «Noi, più uniti nel suo nome»

Mattia Torre, un senza il grande autore. Caterina Guzzanti: «Noi, più uniti nel suo nome»
di Caterina Guzzanti
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Domenica 19 Luglio 2020, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 13:25

«Cenetta?». Mi manca quella parola. Era un modo per richiamarci, per stare di nuovo tutti insieme, tra amici. Lui e Francesca avevano questa capacità innata di unire le persone, creando legami sinceri, goderecci, duraturi. Non lo dico per dire: a oggi il gruppo Whatsapp degli amici conta 50 persone. Amici stretti, intendo. 

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Con Mattia si rideva tanto. Si parlava del paese, della società, appassionandosi alle imprese quotidiane delle persone.  Di fronte a una battuta, come di fronte alla malattia, Mattia rilanciava. Lo ha fatto appena si è ammalato, riuscendo a scrivere cose ancora più belle di quelle che aveva prodotto fino a quel momento.

Ci eravamo conosciuti nel 2006. Avevo saputo che all’Ambra Jovinelli c'era un autore eccezionale: lo fermai, gli chiesi un monologo e poco tempo dopo mi chiamò per un provino. Era la puntata pilota di una serie, si chiamava Sampras e  sarebbe diventata Boris. Da lì in poi, non abbiamo smesso di frequentarci.

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Ai compleanni non voleva regali, ma una bella bottiglia di vino. Amava lo Chablis. Gli piaceva vivere. A Mattia piaceva godersi la vita. Abbiamo fatto due vacanze insieme in Sicilia, l’ultima a Favignana con la sua jeep. L’aveva appena comprata e voleva godersela subito: si è lasciato convincere a passare per sentieri inesistenti, praticamente scogli o stradine sempre più strette con muretti a secco e finocchietto selvatico che accarezzavano le fiancate. 

Si capisce dalle cose che ha scritto, che Mattia era una persona che brillava tra tanti. Meraviglioso anche come attore. Guardatelo in Piovono mucche, giovane, fichissimo e disinvolto. In Boris - Il film chiama Alessandro per congratularsi per la chiarezza della richiesta “attore faccia di merda” e anche in questa piccolissima cosa è spontaneo e credibile. Sempre "dentro" le cose che faceva. E sapeva dirigere gli attori in maniera molto chiara dando ricchezza alle motivazioni delle singole battute, anche se come abbiamo raccontato tante volte, nella seconda stagione di Boris alla regia erano in tre - lui, Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico - e ognuno arrivava sul set e ti diceva una cosa diversa. Prima di dileguarsi nel nulla.

A chi non lo conosce consiglio di leggere In mezzo al mare, i suoi monologhi. Io però ho amato particolarmente il modo con cui ha raccontato il mondo dell’ospedale e della malattia ne La linea verticale che si apre così: «Appena ho saputo di essere malato ho subito pensato al mio funerale: doveva essere molto doloroso. Perché i funerali veramente riusciti sono quelli molto dolorosi». Ed è esattamente ciò che successo. Ci ho messo tre giorni a riprendermi da quella specie di commemorazione all'Ambra Jovinelli.

Intorno alla sua scomparsa c'è stato un grande abbraccio, ci siamo serrati tutti a testuggine. Ci ha distrutti e uniti in modo imprevedibile. Francesca, che era la sua roccia, oggi (suo malgrado) è la nostra.

Caterina, ti va di scrivere un ricordo di Mattia Torre? Forse no. “Mattia amava”, “Mattia faceva” … È tutto sbagliato.  Non ci può davvero credere. Ci si sveglia la  la mattina e pensando: davvero Mattia è ancora morto? Anche oggi?

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