Il Pinocchio di Garrone: «Un vero burattino dark»

Il Pinocchio di Garrone: «Un vero burattino dark»
di Gloria Satta
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Domenica 10 Giugno 2018, 12:21 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 15:37
«Il mio suggerimento ai giovani registi? Trovate il vostro sguardo, fate un cinema originale in grado di sfuggire ad ogni omologazione. Saranno in tanti a ispirarvi ma non cercate di assomigliare a qualcuno, inventatevi un linguaggio». Matteo Garrone sale in cattedra per una lezione di cinema fuori del comune. Mentre Dogman, premiato a Cannes per la sorprendente interpretazione di Marcello Fonte, continua a macinare ottimi incassi, il regista romano, classe 1968, stasera sarà l'ospite d'onore del Piccolo Cinema America: nell'arena del Parco Casale della Cervelletta introdurrà il suo film d'esordio Terra di mezzo, 1996, primo titolo della retrospettiva a lui dedicata. E tornerà il 24 per presentare L'imbalsamatore (2002).

«Dal mio debutto a oggi», sorride Garrone, «ho imparato a conoscere il mestiere e le sue difficoltà. E se mi guardo indietro, vedo un filo rosso che lega tutti i film che ho realizzato: il mio sguardo di regista che si è formato come pittore e ha sempre voluto raccontare storie per immagini, cercando l'originalità visiva e l'indipendenza». Proprio quel filo rosso caratterizzerà la sua nuova impresa: Pinocchio, il film che il regista ha in mente da anni e finalmente vedrà la luce.

L'OSTINAZIONE
«Ho ripreso la preparazione», racconta Matteo al Messaggero, «dopo aver girato Dogman come riscaldamento. Chi mi vuole bene mi consiglia di lasciar perdere: Pinocchio è considerato un progetto impossibile che ha portato sfortuna un po' a tutti quelli che lo hanno abbracciato. Ma io sono testardo e vado avanti con la consapevolezza...masochistica che potrebbe essere l'ultimo atto della mia carriera. Ma vale la pena rischiare, se andrà male tornerò a giocare a tennis come da ragazzo». Perché tanta ostinazione? «Pinocchio mi insegue da quando avevo sei anni e per la prima volta trasformai la favola di Collodi in immagini», risponde il regista.
«Sulla scrivania ho ancora lo storyboard che disegnai in prima elementare e mi farà ora da guida». Ma è vero che Toni Servillo interpreterà Geppetto? Pare di sì, anche se Garrone non conferma: «Il cast è in discussione in questi giorni», dice.

FEDELE AL LIBRO
In compenso, rivela quale sarà la sua sfida nel trasferire sullo schermo il burattino che, dal 1940 a oggi, ha ispirato una ventina di film, animati o live action, firmati tra gli altri da Walt Disney, Luigi Comencini, Roberto Benigni, Enzo D'Alò. «Proprio per offrire al pubblico italiano e internazionale una versione originale, inedita della storia che tutti conoscono, ho deciso di rimanere fedelissimo al libro di Collodi illustrato magnificamente nel 1883 da Enrico Mazzanti. Sarà una riscoperta pittorica, la mia». Ma è vero, come affermano i siti americani, che ha deciso di fare un Pinocchio horror? «Sarà dark, in ossequio al libro di Collodi che contiene anche molti spunti comici». Altra certezza: «Il mio Pinocchio non sarà un bambino in carne e ossa come il protagonista dello sceneggiato tv di Comencini (1972), il mio preferito tra i tanti lavori ispirati al libro mentre non ho affatto amato il cartoon Disney. Al centro del mio film sarà un burattino di legno che interagirà con gli attori grazie alla tecnologia che oggi permette dei risultati straordinari, impensabili 40 anni fa».

VIVA LA SALA
Garrone non si aspettava il successo di Dogman che ha messo d'accordo la Giuria di Cannes, il pubblico delle sale e la critica internazionale (come Le Monde e The Guardian) prodiga di elogi. «Ogni volta che giro un film non mi aspetto niente», spiega, «e credo che il successo di Dogman si debba in gran parte agli interpreti: non solo Fonte che, con la sua umanità, scalda il cuore degli spettatori ma anche Edoardo Pesce, perfetto antagonista».
A quasi 50 anni (li compirà il 15 ottobre), il regista si definisce pacificato: «Non ho mai avuto un rapporto conflittuale con la critica a cui riconosco il diritto di giudicare il mio lavoro. A rattristarmi è semmai il futuro incerto della sala. Deve assolutamente sopravvivere. Giro film perché siano visti sul grande schermo: resta il mezzo insostituibile per trasmettere le emozioni».
 
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