Maccio Capatonda: «Oggi siamo tutti cinici ma è meglio riderci su»

Maccio Capatonda: «Oggi siamo tutti cinici ma è meglio riderci su»
di Gloria Satta
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Venerdì 3 Marzo 2017, 15:15 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 13:58

Ma gli italiani sono tutti morbosi? La risposta è sì. «Tutti noi abbiamo delle pulsioni poco raccomandabili e i media toccano le corde del nostro cinismo. Io stesso sono più interessato a leggere la notizia di un delitto piuttosto che una cronaca politica. La morbosità fa parte di noi». Parola di Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, 38 anni, nato a Chieti e trapiantato a Milano, appena tornato al cinema con la commedia Omicidio all'italiana, in cui è protagonista e regista. Satira che mena colpi con l'accetta. E la speranza di eguagliare, se non superare, il primo film del comico Italiano medio che incassò 4 milioni e mezzo.


Questa volta Maccio se la prende con la cronaca nera e il turismo dell'orrore: in un paesino abruzzese dimenticato da Dio e dagli uomini, il sindaco Piero Peluria inscena un delitto per avere l'attenzione dei media e vantaggi per tutti. Nel cast, con Herbert Ballerina, Ivo Avido, Roberta Mattei brilla Sabrina Ferilli nei panni di Donatella Spruzzone, spregiudicata e fatale conduttrice del programma Chi l'ha acciso. Capatonda è venuto a trovarci in redazione e ci ha raccontato la sua nuova sfida.

Come le è venuta l'idea?
«Lo spunto me l'ha dato il turisimo dell'orrore: mi ha sempre impressionato vedere le folle di curiosi nei luoghi dei delitti o di casi di cronaca come Avetrana, Cogne, l'Isola del Giglio».

È stato difficile convincere Sabrina Ferilli?
«Non mi aspettavo che accettasse. Ma è rimasta entusiasta della sceneggiatura».

Impossibile non pensare alla criminologa Roberta Bruzzone.
«Non è l'unico riferimento. Il personaggio di Sabrina sintetizza vari personaggi che cavalcano la cronaca nera».

Il suo film, a differenza di tante commedie, contiene una buona dose di ferocia. Per fare centro bisogna rinunciare alla melassa?
«Io sono spontaneo e cerco di fare sempre qualcosa di inedito. Ma non ho strategie, non voglio essere cattivo a tutti i costi. Mi piacciono i film cinici».

Quanto il cinema comico deve alle realtà dialettali?
«Moltissimo. Girando il film in Abruzzo sono tornato alle mie radici».

Nella sua formazione quali modelli comici l'hanno ispirata?
«Il mio primo impatto con la commedia è stato il cinema di Massimo Troisi. Crescendo mi sono poi appassionato a Verdone e Nuti».

Prima di sfondare ha preso molte porte in faccia?
«Ho fatto 10 anni di web senza pensare al cinema. E' stato il produttore Mauro Belardi a offrirmi di debuttare. E tuttora sconto il mio passato: quando giro un film, si fanno i paragoni con il mio lavoro precedente».

Quanto conta il web per un comico?
«E' importantissimo. Diventata il mezzo prioncipale per diffondere messaggi. Non è più una palestra ma un linguaggio. E' la televisione del futuro. Il film critica l'utilizzo esagerato della tecnologia».

Lei che tipo è? Senza connessione non può vivere?
«Per me il web ha significato tanto, mi ha fatto conoscere. E continuo a usarlo per lavoro. Ma la vita privata non la metto su internet».

Che progetti ha?
«Preparo una serie comedy e forse un altro film. Ma il mio progetto immediato è trasferirmi a Roma».

Come mai?
«Voglio cambiare aria. Amo Milano, dove vivo da 17 anni, ma il mio mestiere richiede stimoli sempre nuovi».

Cosa si aspetta di trovare a Roma?
«La libertà. Roma è più aperta per quanto riguarda gli spazi e i tempi. So che nella vostra città potrei decidere di non lavorare un giorno per andarmene al mare. A Milano, invece, se non lavoro mi sento in colpa».