Parker e “Le Ceneri di Angela”, il regista confessò: «La chiesa irlandese non ha gradito. Difficile stare sul set»

Una scena di "Le ceneri di Angela"
di Leonardo Jattarelli
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Venerdì 31 Luglio 2020, 21:21
Nel 2000 incontrammo Alan Parker insieme con lo scrittore Frank McCourt, premio Pulitzer per la saggistica. Un mix esplosivo al servizio del film  Le ceneri di Angela, che prende le mosse dal romanzo autobiografico di McCourt, best-seller con oltre sei milioni di copie vendute in trenta Paesi, ambientato nell’Irlanda del ‘35.
«La stampa internazionale è rimasta spiazzata: “come mai Parker fa un film così impegnato?” ha scritto. E questo da una parte mi dispiace - spiegava allora il grande regista -, dall’altra mi rende consapevole ancora una volta di una mia indubbia sensibilità di tipo europeo che mi consente di sfruttare al meglio il sostegno economico americano».

Una scena di "Le ceneri di Angela"
Non critica il cinema Usa il regista londinese, ma certo mantiene le sue riserve: «Nessuna polemica, però devo dire che è molto difficile fare film impegnati negli States, il che non significa che da Hollywood non escano ottimi flm su temi importanti anche sotto forma di intrattenimento, di commedia». Interpretato da Emily Watson e Robert Carlyle, Le ceneri di Angela (il suo penultimo film, nel '99. 


Nel 2003 dirigerà “The Life of David Gale” n.d.r.) «è una storia dallo spirito universale» con al centro la vicenda di una poverissima famiglia di irlandesi che dagli Stati Uniti torna in patria alla morte della figlia piccola. La madre, Angela, si ritrova a vivere con un marito disoccupato e alcolizzato e con i quattro figli in uno scenario di disoccupazione e abbandono. «Quello di Angela - spiegava Parker - è l’esempio di come una donna riesca a tirar fuori una forza ed un coraggio quasi sovrumani, circondata da un mondo classista che è sempre esistito e sempre esisterà. Anche oggi in California un bambino su quattro vive sotto la soglia della povertà».

Dopo The Commitments girato nel ‘90 sulle disavventure di una band soul formata da giovani operai, 
Parker confessava: «Inconsciamente aspettavo di tornare a lavorare in Irlanda, un Paese che dal ‘40 ad oggi ha subìto cambiamenti radicali. Ora è una Repubblica ricca grazie anche all’ingresso nella comunità europea. Della vecchia architettura è rimasto ben poco, tanto che ho dovuto ricostruire molte strade ed ambienti. Mi aspettavo - continuava Parker - una accoglienza difficile a Limerick, dove ho girato quasi interamente il film, è così è stato. Ma nulla in confronto all’esperienza vissuta con Evita: a Buenos Aires volevano eliminarmi fisicamente. Qui, la chiesa irlandese non ha gradito alcune parti del libro di McCourt, tanto che è stato molto difficile girare dentro le chiese». 
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