Il cast è stellare: coinvolge protagonisti del cinema italiano come Raoul Bova, Stefano Fresi, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Vinicio Marchioni, Claudio Santamaria, Marco Bocci, Stefania Rocca e Domenico Iannacone, 7 Nastri d’argento, 4 David di Donatello e 3 Globi d’oro in tutto. Con loro gli attori diversamente abili della Compagnia Stabile del Teatro Patologico di via Cassia, forma di teatro che tutto il mondo invidia alla Capitale: un luogo dove, con la teatro-terapia, dal 1992 le persone affette da disagio mentale trovano il modo di comunicare e di uscire dall’isolamento. È la scommessa vinta da Dario D’Ambrosi, 64enne attore e regista considerato uno dei maggiori artisti d’avanguardia italiani (è stato diretto da Sergio Castellitto, Alex Infascelli e pure Mel Gibson: nel 2004 interpretò il flagellatore ne “La passione di Cristo”), fondatore e responsabile dello stesso Teatro Patologico, con il film “Io sono un po’ matto, e tu?”, che ancor prima di uscire ha già suscitato grande interesse.
In uscita entro la fine dell'anno
Il film, in fase di montaggio, presentato questa sera al Tg1 dallo stesso Dario D’Ambrosi, Claudia Gerini e i ragazzi del Teatro Patologico (in collegamento ci sarà invece Claudio Santamaria), uscirà entro la fine dell’anno: “Nel film, che ho anche scritto, i miei ‘mattacchioni’, così come chiamo i ragazzi del Teatro Patologico, cercheranno di risolvere ansie e paure di personaggi noti. Ci sono momenti drammatici, ma anche altri più ironici”, anticipa D’Ambrosi. A impreziosire il film, una colonna sonora alla quale hanno partecipato anche i Maneskin. Come si mette in piedi un progetto del genere? “Sono legato a ciascuno degli attori da rapporti di amicizia, alcuni dei quali nati proprio sul set. Con Vinicio Marchioni, Marco Bocci ed Edoardo Leo, ad esempio, recitai in ‘Romanzo criminale’. Hanno sposato il progetto - dice il regista - agli attori ho chiesto di interpretare con ironia i tic e le manie dei protagonisti, che si rivolgono ai tutor psichiatrici, interpretati dai ragazzi del Teatro Patologico”.
Non dev’essere semplicissimo portare sul grande schermo i disturbi del comportamento evitando ogni tipo di retorica: “Ci aiuta l’ironia.