"Inside out", o i misteri della mente umana visti dalla Pixar: una rivelazione

"Inside out", o i misteri della mente umana visti dalla Pixar: una rivelazione
di Fabio Ferzetti
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Giovedì 1 Ottobre 2015, 19:12
Addio Freud, bye bye dottor Jung. Dite addio a psicofarmaci, lettino dello psicanalista, terapie di gruppo, mappe elaborate dai neurologi. È tutto superato, contorto, inutilmente complicato.



Per capire come funziona la nostra mente bastano cinque pupazzetti colorati e iperespressivi. Cinque figurine che rappresentano le nostre emozioni fondamentali, Gioia, Paura, Tristezza, Rabbia, Disgusto, e ci introducono ai misteri della psiche di una bambina che cresce, come tutti, contesa fra queste cinque violente emozioni.



Anzi cresce proprio grazie a loro, che discutendo e talvolta lottando le permettono di capire il mondo, di adattarsi o ribellarsi, di fare nuove scoperte e riutilizzare vecchie esperienze. E intanto modellano una personalità unica e inconfondibile.



Il bello è che questa intuizione fondamentale non viene da qualche laboratorio ma dai cervelli effervescenti della Pixar. Che essendo abituati a rendere credibile l’incredibile, e chiaro e luminoso ciò che sembra oscuro e difficile, hanno dato vita a questo film destinato davvero a cambiare il modo in cui guardiamo al funzionamento delle nostre menti, cercando immagini e metafore che difficilmente risulteranno comunicative e divertenti come quelle create da Pete Docter e Ronnie Del Carmen, registi del movimentatissimo e esilarante Inside Out.



Esageriamo? Solo un po': perfino Variety si chiede se non sia il miglior film in assoluto tra quelli della Pixar. Proprio perché lascia tracce indelebili nel nostro modo di rappresentarci processi complessi e sicuramente poco familiari alla massa degli spettatori. E tutto seguendo la tempesta di emozioni contraddittorie, appunto, che si scatena dentro una bambina di 11 anni che lascia con la famiglia il Minnesota natio, e l'amatissimo hockey, per San Francisco, dove dovrà affrontare nuovi cibi, nuovo clima e - aiuto! - nuove compagne di scuola.



Detta così sembra semplicistica, ma la Pixar fa le cose in grande e l'immenso e avveniristico “Quartier cerebrale” che ospita il rissoso parlamentino interiore della piccola Riley è abbastanza vasto e complesso da risultare un'accuratissima mappa cerebrale.



Che farà capire a ogni spettatore dai 10 anni in su come si formano (e si cancellano) i ricordi; come nascono i sogni (una piccola Hollywood lavora ogni notte); che ruolo hanno le emozioni nelle nostre scelte; perché ricorderemo a vita le musiche più sceme sentite da bambini; come mai un ricordo spesso veicola emozioni contraddittorie, etc.



E soprattutto perché tutto questo vale a ogni età, come ci spiegano quei blitz improvvisi nella testa dei genitori di Riley, che devono fare i conti con gli stessi 5 tipacci... Il miglior film Pixar in assoluto, forse no. Ma il più potente dai tempi di Up, senz'altro.
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