Il cattivo poeta, Castellitto porta Gabriele D'Annunzio al cinema. "Il suo mito è simile a una rockstar"

Il cattivo poeta, Castellitto porta Gabriele D'Annunzio al cinema. "Il suo mito è simile a una rockstar"
di Paolo Travisi
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Martedì 18 Maggio 2021, 15:03 - Ultimo aggiornamento: 18:29

L'ultimo anno di vita di Gabriele D’Annunzio, mai raccontato al cinema. Siamo nel 1936, l’Italia fascista di Mussolini sta per stringere alleanza con la Germania di Hitler, mentre in Europa il vento della guerra soffia sempre più forte. Sergio Castellitto veste i panni di D’Annunzio ne Il cattivo poeta (dal 20 maggio al cinema), diretto dall’esordiente Stefano Jodice, che con coraggio si concentra sul declino artistico del poeta, "rinchiuso” ormai da anni nella sua casa-museo, Il Vittoriale sul Lago di Garda, circondato da una corte di amanti, segretari, doppiogiochisti e dal federale di Brescia, Giovanni Comini, interpretato da Francesco Patanè. Il politico, in particolare, è inviato da Roma al Vittoriale per spiarlo, per controllare il poeta e la sua crescente avversità al Partito Fascista, a Mussolini ed al conflitto imminente.

“E’ un esordio, ma non volevo giocare di rimessa, piuttosto cercavo d’inserirmi nella consuetudine di un cinema italiano di prima. Avendo esordito da grande, potevo essere anche sfacciato. Perché D’Annunzio? Mi ricordavo questo poeta recluso in questo castello di Dracula, negli ultimi 15 anni, tra perversioni, ossessioni, donne, cocaina, aveva anche perso la sua vena, era una specie di Nosferatu, che poi ha subito la damnatio memoriae nel Novecento, un personaggio storico complesso, che ha vissuto mille vite, e non è mai stato raccontato dal cinema” ha detto il regista Jodice, nel corso della conferenza stampa di presentazione.

Tra i produttori de Il Cattivo Poeta, Matteo Rovere, che alterna la sua passione professionale per il cinema tra regia e produzione. “E’ un film dall’impianto ambizioso, di un cinema realizzato in maniera orgogliosa, che racconta di personaggi storici che possiamo esportare.

D’Annunzio è la prima rockstar ante litteram che riusciva a muovere le masse senza i social. E’ stato un personaggio asfaltato dopo il Ventennio, riportato dalla storia per i legami col fascismo, ma ci siamo confrontati con storici e filologici, e tutto è realmente accaduto. E’ un film di grande attenzione filologica, in cui il poeta pronuncia le frasi realmente dette, che oltre all’intrattenimento ci dà anche la rappresentazione di un personaggio noto”.

Tra le tante fonti che sono state consultate per la sceneggiatura de Il cattivo poeta, “c’è un libro di uno storico-giornalista che trovò tutte le lettere tra il segretario del Partito ed il federale di Brescia, Comini, che sulla missione da D’annunzio scrisse un lungo diario di 500 pagine. Alcuni capitoli trattano il loro rapporto e sono riportate anche alcune frasi”.

Ed a proposito del giudizio che è stato dato all’opera di D’Annunzio, Castellitto ha sottolineato che “il poeta è stato adorato ed amato in vita, il suo mito è simile ad una rockstar di oggi, ma non c’è stato uomo più maledetto in morte, basti leggere cosa dicevano gli intellettuali del dopoguerra. Elsa Morante diceva che era un imbecille, Pasolini lo detestava. Invece il dono che ti fa il cinema, anche se lo avevo già capito prima che fosse un genio, è che se c’è un poeta assimilabile a D’annunzio è proprio Pasolini; entrambi sono stati poeti-soldati, i primi ad uscire dalla trincea, a prendere il colpo in fronte”.

Per preparsi al personaggio, uno dei più complessi nella sterminata galleria di affreschi attoriali di Castellitto, "mi sono tagliato i capelli, che non è solo l'artigianato di un’identificaizone fisica, ma un atto di generosità, perché se chiudi gli occhi la prima cosa di D’Annunzio a cui si pensa, è il cranio pieno di immaginazione, pericolosità, crudeltà. Se è vero che le case sono la geografia dell’anima, il Vittoriale è la geografia di D’Annunzio, non è un luogo d’antiquariato, ma archeologia, ciò che è stato, potenza, decadenza, bellicità" ha sottolineato l'attore romano, che a proposito della sua immedesimazione nel personaggio ha detto: "il gioco è non aver paura della grandezza del personaggio, io sono abituato a fare personaggi esistiti e anche agli insulti legati a questo. Io faccio finta sempre che il personaggio sia inventato, non bisogna mai vedere la performance, che magari riceverà dei premi, ma non è quello che importa".

Ad interpretare il federale di Brescia, personaggio anche questo totalmente reale, che dopo la frequentazione con D'Annunzio ed il suo rifiuto della guerra fu cacciato dal partito fascista, un giovane interprete Francesco Patanè, scelto con coraggio nel suo primo ruolo da protagonista. "Faceva la spalla a tanti grandi attori italiano che hanno fatto il provino, passavano i mesi e con il casting ci siamo detti, queste battute Patanè le dice molto bene - ha raccontato il regista - così ha fatto il provino ed anche Rovere, il produttore, ha detto lui è il migliore".

"Ho cercato di mettermi nei panni di un giovane fiducioso, che abbraccia gli ideali fascisti degli anni 30. Il personaggio, cede alle lusinghe, e la fortuna di poter incontrare D’Annunzio che gli apre gli occhi, la sfida come attore è stata questa presa di coscienza e cambio di rotta. Ho cercato di dimenticare tutto ciò che conoscevo su D’Annunzio, come il personaggio Comini, che sa quello che si dice, ho fatto tabula rasa delle mie conoscenze scolastiche, mi sentivo in soggezione davanti ad un grande personaggio come Castellitto" ha detto Patanè in merito al suo rapporto con il personaggio e la rappresentazione.

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