Il Canaro, il contadino, i fratelli
ecco gli eroi italiani di Cannes

Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea in "Euforia"
di Gloria Satta
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Venerdì 13 Aprile 2018, 09:41
Il muso di un pitbull ringhiante in primo piano, lo squallore di un antro adibito alla pulitura degli animali, la brutalità di un pestaggio, il sangue, un uomo rinchiuso in una gabbia, la periferia selvaggia di Roma in cui vige la legge del più forte: le prime immagini di Dogman, il film di Matteo Garrone selezionato in concorso a Cannes (e atteso in sala il 17 maggio), confermano la capacità del regista 49enne di trasfigurare la cronaca nera nel suo stile visionario e inimitabile.
CRONACA NERA. «Dogman si ispira liberamente a un fatto accaduto trent'anni fa (il caso del Canaro della Magliana, ndr), ma non intende ricostruire i fatti come si dice siano avvenuti», spiega Garrone, premiato due volte sulla Croisette con il Gran Premio della Giuria: nel 2008 per Gomorra, nel 2012 per Reality. «Ho iniziato a lavorare alla sceneggiatura dodici anni fa: l'ho ripresa in mano tante volte poi l'incontro con il protagonista Marcello Fonte, tanto ricco di umanità, ha chiarito dentro di me come avrei affrontato una materia così cupa e violenta. Ho raccontato la storia di un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e forse il mondo. Ma rimane sempre uguale, quasi indifferente».
ELOGIO DELLA BONTÀ. I tre film italiani del Festival, tutti coprodotti da RaiCinema, dimostrano la varietà del cinema italiano: «Due sono diretti da donne e ne sono molto orgoglioso», dice l'ad Paolo Del Brocco, mentre il presidente dell'Anica Francesco Rutelli sottolinea l'«alto livello» della selezione. Alice Rohrwacher, di cui Thierry Frémaux ha elogiato «l'arte pittorica» e la capacità di esaltare «la decrescita e le condizioni del pianeta che tanto maltrattiamo», porta in concorso Lazzaro Felice, storia di un ingenuo contadino ventenne e della sua amicizia con il viziato Tancredi. «Il film mette in scena una piccola santità senza miracoli, superpoteri o effetti speciali: è la santità dello stare al mondo e di non pensare male di nessuno. Racconta la possibilità della bontà, che gli uomini ignorano ma che si ripresenta e li interroga con un sorriso», anticipa la regista, 36 anni, per la terza volta a Cannes dove nel 2015 vinse il Gran Premio della Giuria per Le meraviglie. Questa volta ha scritturato sua sorella Alba Rohrwacher, Adriano Tardiolo, Nicoletta Braschi. 
STORIA DI FAMIGLIA. Valeria Golino, in gara al Certain Regard con Euforia dove nel 2013 venne applaudita con l'opera prima Miele, ha invece puntato sul rapporto tra due fratelli molto diversi. Uno, interpretato da Riccardo Scamarcio, è un imprenditore di successo, spregiudicato, affascinante e dinamico. L'altro (Valerio Mastandrea) vive in provincia e insegna alle scuole medie: è un uomo cauto, integro, che per non sbagliare si è sempre tenuto un passo indietro.
«Il film mi è stato ispirato tre anni fa da una vicenda accaduta ad alcune persone a me care», racconta l'attrice-regista. La sceneggiatura è firmata da Valeria con Francesca Marciano, Valia Santella e la collaborazione di Walter Siti. «Ci siamo avvicinati alla storia con la trepidante attenzione di quando si maneggia un oggetto fragile e prezioso», spiega Golino, sottolineando il talento degli attori: «Intelligenti, consapevoli e generosi hanno contribuito ad arricchire ulteriormente la complessità dei rispettivi personaggi».
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