Gabrielle, quando l'amore è fuori dal coro

Gabrielle, quando l'amore è fuori dal coro
di Fabio Ferzetti
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Sabato 14 Giugno 2014, 14:09 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 21:08

​Trent’anni fa Meryl Streep e Robert De Niro, fecero insieme un film dal titolo efficace quanto sintetico: Innamorarsi In Gabrielle - Un amore fuori dal coro, della canadese Louise Archambault, accade qualcosa di simile ma al posto dei due famosi divi ci sono due giovani sconosciuti che parlano lo strambo francese del Québéc, Gabrielle (Gabrielle-Marion Rivard) e Martin (Alexandre Landry).

Coro Anche Gabrielle e Martin infatti si incontrano ogni giorno, non sul treno ma nel coro in cui cantano (meravigliosamente) insieme. Anche Gabrielle e Martin si studiano, si desiderano, e approfittano senza pudore di ogni occasione per sfiorarsi, toccarsi, stare insieme; anche se ognuno di loro, come De Niro e la Streep, ha famiglia. Solo che Gabrielle la sera torna da sua sorella, Martin dalla madre. E il coro in cui cantano (esiste davvero, si chiama Les Muses) è un centro di arti dello spettacolo riservato a persone affette da ritardo mentale.

Disagio Qui dunque cominciano i loro guai, perché per due persone così è difficile essere autonome e vivere l’amore fino in fondo. Ma cominciano in certo modo anche i nostri. Nessuno infatti si sente a disagio osservando i fremiti e le emozioni che si dipingono sul volto di due grandi e notissimi attori, ma nel caso di Gabrielle le cose cambiano. Chi “sono” veramente quei due personaggi, dove finisce la finzione, dove inizia la realtà? Un attore che soffre di un deficit può interpretare se stesso o stiamo approfittando di lui?

Pregiudizi Domande doverose. Anche se Tv e web hanno sdoganato il peggior voyeurismo, al cinema vogliamo ancora sapere cosa stiamo guardando. Ma interrogandosi sulla natura di ciò che maneggia, come tanti prima di lei, la Archambault ridiscute tutti i nostri pregiudizi sui “diversi” (e cambia radicalmente il modo di fare cinema, un po’ come fece Cantet con La classe).

Amori difficili Basta infatti sovrapporre a Gabrielle e Martin un altro amore difficile, quello che lega la sorella di Gabrielle, Sophie, al suo fidanzato in India, che non raggiunge perché deve e vuole occuparsi di Gabrielle, per far affiorare una trama più complessa. Che oltre al sacrosanto diritto all’amore dei personaggi investe il nostro diritto-dovere di rappresentare il loro mondo, senza ipocrisie. Ma con tutto lo stupore e l’emozione di cui sono capaci.

Orecchio assoluto Qui infatti sta il punto: Gabrielle e Martin sono due artisti. Il coro Les Muses si esibisce davvero in pubblico (chi soffre della sindrome di Williams è predisposto al talento musicale e talvolta possiede l'orecchio assoluto, oltre a una grande intelligenza emotiva).

Nessun pietismo La Archambault insomma non fa pietismo, al contrario. Attraverso protagonisti e comprimari dà vita a una storia d’amore travolgente anche perché passa attraverso il più potente veicolo di emozioni che esista, la musica (indimenticabile la visita del famoso cantautore Charlebois ai ragazzi del coro, e felicissima la scelta delle canzoni). Controprova: uno dei due protagonisti soffre della sindrome di Williams, l’altro no. Ma alla fine, cosa importa?
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