Festival del cinema, Polanski oltre le polemiche elogi e applausi per il suo "J'accuse"

Venezia, Polanski oltre le polemiche elogi e applausi per il suo "J'accuse"
di Gloria Satta
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Sabato 31 Agosto 2019, 11:02

Basta polemiche, è il giorno del trionfo. E la sala viene giù dagli applausi quando in concorso passa J'accuse, il potentissimo, sontuoso film di Roman Polanski sul caso che alla fine dell'Ottocento divise la Francia, protagonista l'ufficiale ebreo Alfred Dreyfuss (l'attore Louis Garrel) ingiustamente accusato di essere una spia dei tedeschi e poi scagionato grazie all'ostinazione del capo del controspionaggio Georges Picquart (Jean Dujardin) unita alla denuncia dello scrittore Émile Zola, autore del celebre J'accuse. Ingiustizia, prove artefatte, antisemitismo: «Il film tocca argomenti attualissimi», dice il coproduttore Luca Barbareschi, ieri molto emozionato dopo la polemica scaturita dalle ineffabili dichiarazioni, poi «rettificate», della presidente della giuria Lucrecia Martel («non applaudirò Polanski»). «Questo non un tribunale morale», ha aggiunto Luca, «ma una magnifica Mostra e per fortuna l'arte è libera».

MULINI A VENTO
Il regista, 86, non è sbarcato al Lido: se lascia la Francia, rischia l'estradizione negli Usa dove l'attende il carcere per lo stupro commesso nel 1977 su una minorenne. Polanski ha però parlato allo scrittore Pascal Bruckner: «Ho girato il film perché la storia di un uomo ingiustamente accusato è affascinante. Ma è anche una questione molto attuale, vista la recrudescenza dell'antisemitismo», ha detto. Espulso dall'Academy, ha ritrovato nel caso Dreyfuss «momenti che ho vissuto personalmente, quando sono stato condannato con determinazione per fatti che non avevo commesso». Ma il lavoro «non è una terapia» e il regista non intende reagire alla guerra scatenata contro di lui dal «neo-maccartismo» femminista: «Sarebbe come combattere i mulini a vento».

INFERNO SENZA FINE
A Venezia, Dujardin, Garrel e la protagonista femminile Emmanuelle Seigner, da 30 anni moglie di Polanski (interpreta l'amante di Picquart) hanno raccontato la loro esperienza nel film che rilancia in grande stile le coproduzioni tra Italia e Francia (per noi c'è anche RaiCinema) e mette al centro della scena proprio Picquart, «un eroe destinato a dare speranza alle generazioni future», ha detto il produttore francese Alain Goldman. «Del caso Dreyfuss avevamo solo qualche reminiscenza scolastica», hanno rivelato i tre attori, «e la sceneggiatura ha colmato le lacune». Ha aggiunto Emmanuelle: «Di persecuzione Roman ne sa qualcosa: basta vedere cosa è stata la sua vita fino ad oggi», mentre Garrel ha raccontato: «Sul set sono venuti i pronipoti di Dreyfuss, quelli sopravvissuti alla deportazione: l'inferno di quella famiglia non è finito con l'assoluzione dell'ufficiale». Per Goldman il caso Dreyfuss è «l'anticamera dell'Olocausto e il cinema può, deve rispondere alla violenza e all'ignoranza». Barbareschi ha auspicato «il ritorno alla centralità della nostra cultura giudaico-cristiana per combattere gli estremismi».

LA PERSECUZIONE
Molti applausi hanno accolto anche Seberg (fuori concorso), diretto da Benedict Andrews e interpretato da Kristen Stewart nel ruolo di Jean Seberg, l'attrice americana lanciata dal cult di Jean-Luc Godard Fino all'ultimo respiro e diventata un'icona della Nouvelle Vague. Il film racconta una pagina poco nota della sua vita riscoperta solo oggi, a 40 anni dal suicidio: la persecuzione scatenata contro di lei, che fiancheggiava il movimento delle Black Panthers, dall'Fbi nell'era implacabile di Edgar Hoover.

«Abbiamo raccontato la vulnerabilità della Seberg che si è sacrificata coraggiosamente per un ideale di giustizia», ha spiegato Kristen, 29, capelli bicolori in stile rock. Esiste ancora il controllo governativo sugli attori? «Sì, ma in modo più sottile. Non c'è bisogno di intercettare le nostre mail e metterci sotto controllo, oggi esprimiamo le nostre idee alla luce del sole. Io, pur senza sbandierare le mie, mi sento più libera». In comune con Seberg, l'ex star di Twilight poi diventata la musa del cinema d'autore (ha lavorato con Woody Allen, Ang Lee, Olivier Assayas), ha «il desiderio di venire accettata». E affronta «con naturalezza» la sua seconda carriera: «Non mi spaventa più nulla, ho basato le ultime scelte sull'istinto. Oggi sono la leader della mia vita. E sopporto anche la persecuzione dei paparazzi».
 

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