Festa di Roma, Bellocchio presenta la serie su Moro, Esterno Notte e parla dei miti di gioventù. «Amavo Marlon Brando e James Dean»

Festa di Roma, Bellocchio presenta la serie su Moro, Esterno Notte e parla dei miti di gioventù. «Amavo Marlon Brando e James Dean»
di Paolo Travisi
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Lunedì 18 Ottobre 2021, 18:29

A Marco Bellocchio è dedicato l’incontro organizzato dalla Festa del Cinema di Roma, smaltita la sbornia del Johnny Depp day. 

“Alla fine degli anni Cinquanta sono venuto a Roma per frequentare il Centro Sperimentale, prima come attore e poi come regista. I titoli di quegli anni non si contano, L’avventura di Antonioni, Fellini, Taviani, un cinema d’autore con cui mi sono fermato. C’erano due tendenze da parte dei giovani come me, la Nouvelle Vague francese ed il cinema italiano che a me ha dato la formazione, non solo quello di Fellini, ma anche di Visconti, uno dei film che ricordo e conosco molto bene è Senso, perché c’era una combinazione di cinema realistico e l’opera” racconta Bellocchio ricordando il suo avvicinamento al cinema in gioventù “era un mondo democristiano, in cui i registi andavano ancora in autobus, dove la satira era di opposizione, poi quando sono cambiati i pesi politici è cambiato anche il cinema italiano”.

 

Attirato dalla recitazione, prima che dalla regia, tra gli attori di riferimento di Bellocchio c’erano le star americane. “Mi innamorai di James Dean e Marlon Brando in Fronte del Porto, volevamo imitarlo, però la mia carriera è stata sempre di grande azzardo, ma anche di grande realismo, non ho mai pensato di aspirare a quello.

Quando venni a Roma per studiare, però, avevo una certa diffidenza verso i grandi attori italiani dell’epoca, Tognazzi, Sordi, Mastroianni, che facevano dei grandi film, ma di solito commedie con cui io non mi relazionavo, purtroppo me ne accorsi troppo tardi. Lavorai solo una volta con Mastroianni in Enrico IV ed una volta con Volontè; c’era in me una provinciale diffidenza, ma avere loro significava avere il box office, che oggi non esiste più. Non ho avuto quella spregiudicatezza come Ferreri, che usava questi grandi attori, io l’ho capito tardi, ma non ho nessun rammarico su questo”.

Lou Castel, interprete de I pugni in tasca, film con cui Bellocchio debuttò al cinema, frequentava il Centro Sperimentale al tempo del regista di Piacenza. “Lo vidi alla mensa del Centro, gli feci un provino e si rivelò un attore molto creativo. Molto spesso quando si fanno i film si trovano gli attori all’ultimo momento. Salto nel vuoto, che doveva essere interpretato da Philippe Noiret, per un problema non poteva participare e fu chiamato Michel Piccoli, e fu una scelta straordinaria”.

Rapporto con Mastroianni? “L’avevo incontrato qualche volta, ma per lui era un periodo di eclissi, poi tornò in auge, allora gli proponemmo una parte. Il mio ultimo film dell’epoca andò malissimo, allora pensammo a Enrico IV e Mastroianni che in quel momento accettò a delle condizioni abbordabili per noi. Era un uomo molto triste, riservato, ma impeccabile professionalmente, di grandissimo talento, perché non faceva nessuno sforzo a dare significato ed impeto a quello che diceva. Alcuni attori acchiappano subito il personaggio, Mastroianni andava per conto suo, con lui ho avuto un rapporto di sincerità, ma come spesso accade, finito il film, l’attore scompare, torna ai suoi affetti. Ma è giusto così, per me è raro mantenere una frequentazione assidua.  Direi un ottimo rapporto”.

In chiusura, un assaggio della serie televisiva, Esterno Notte, che Bellocchio ha girato per Rai, tornando ancora una volta sul caso Moro, 18 anni dopo Buongiorno Notte, interpretato da Fabrizio Gifuni, che sarà nella serie insieme a Margherita Buy e Toni Servillo nel ruolo di Paolo VI. “Io sono estremamente fortunato nell’essere efficiente, ma preferisco fare i film, quindi direi la prima e ultima volta, sicuramente un’esperienza nuova nata per caso, nel 40° anniversario della morte di Aldo Moro. Lo spunto fu una bella foto di Moro che mi ha impressionato. Lui in giacca e cravatta sulla spiaggia di Torvajanica, con vicino tanti bambini. Pensai che potesse essere interessante ribaltare il campo rispetto a Buongiorno Notte, tutto sulla sua prigionia, ma nella serie ho cercato di guardare fuori, parte dalla strage e sta sui personaggi che vivono esternamente la prigioni di Moro, come Cossiga, Andreotti, la signora Moro, i terroristi fino all’epilogo”.  Tre le sequenze mostrate i dirigenti del partito che vanno a trovare Moro in ospedale, una scena di scontro in strada con Moro che si affaccia dal balcone della sede della Dc, infine l’incontro tra il politico ed il Papa.

“Tre scene sono state girate a Cinecittà, una sul set dell’Antica Roma di Cinecittà, e siccome dal Vicariato non c’è stata alcuna collaborazione, abbiamo ricostruito una parte di San Lorenzo fuori le Mura, poi anche un pezzo di San Pietro, usato da Moretti in Habemus Papam, lo usammo per il saluto di Paolo VI”.

Come in America c’è un primo e un dopo l’assassinio di Kennedy, gli storici dicono che l’assassinio di Moro è stato un evento che ha trasformato i partiti “quelli tradizionali che conoscevo da bambino, con quelle furiose campagne elettorali ed i comizi, oggi non ci sono più, pensiamo che meno del 50% degli italiani è andato a votare, all’epoca votava il 90%. L’Italia dei partiti che erano delle macchine formidabili e con la tragedia di Moro, c’è stata una data di svolta nella storia italiana”.

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