Festa del Cinema, l'orrore degli abusi del Parco Verde nel film Fortuna

Festa del Cinema, l'orrore degli abusi del Parco Verde nel film Fortuna
di Paolo Travisi
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Lunedì 19 Ottobre 2020, 16:20

«Come si poteva raccontare una storia oscena?». Si è posto questa domanda, il regista Nicolangelo Gelormini, prima di portare sul grande schermo, Fortuna, ispirata ai fatti di cronaca che hanno trasformato il quartiere popolare Parco Verde di Caivano, in un luogo dell'orrore.

 

Alla Festa del Cinema di Roma, un'opera prima che colpisce allo stomaco, con protagoniste Valeria Golino, Pina Turco e la giovanissima Cristina Magnotti. Fortuna è il nome della protagonista del film, come il nome di una delle vittime di abusi sessuali al Parco Verde, Fortuna Loffredo, che il 24 giugno del 2014 precipitò dall'ottavo piano del palazzo in cui viveva. O meglio fu gettata nel vuoto, perché la bimba, che aveva appena 6 anni, non voleva subire l'ennesimo abuso. Per l'omicidio è stato condannato all'ergastolo Raimondo Caputo, il compagno della madre di Fortuna. Nel 2013, invece, morì in circostanze simili, un altro bimbo, Antonio Giglio, 4 anni: anche lui precipitò dal 7° piano di un appartamento del Parco Verde.

Questi i fatti reali, mai menzionati dal regista che racconta la storia vissuta dalla bambina.

Non la violenza, ma la sua immaginazione per fuggire, in un uno spazio parallelo, un mondo altro, Tabbys, dove scappare dai "giganti", le persone cattive che abitano nel mondo reale di Fortuna. I palazzoni grigi di Caivano, popolato da spacciatori e piccoli grandi criminali, costringono la bambina al silenzio, insieme ad altri due coetanei, che come lei subiscono un mondo nero di adulti senz’anima.

«Partivamo da fatti di cronaca irrappresentabile, come si poteva raccontare una storia oscena? Il fuori campo, il cercare di non dire nulla è stato il traino per l'estetica del film. Alla base c'era l'idea di tradire lo spettatore, perché dietro alla storia, c'era il più atroce dei tradimenti, quello della madre. Questo ha fatto si che l'estetica stessa traghettasse lo spettatore da una parte, mentre la narrazione andasse da un'altra. Volevo far provare agli spettatori la stessa sensazione atroce che io immagino possa provare la vittima di un tale abuso», ha raccontato il regista durante la conferenza stampa di presentazione di Fortuna.

Nel ruolo della piccola vittima, il regista ha scelto Cristina Magnotti, mentre Valeria Golino si sdoppia in due personaggi, che purtroppo vivono sono nel suo mondo fantastico: una mamma amorevole che si preoccupa del suo malessere e una psicologa che interpreta i suoi disegni, quindi l'orrore. Il suo personaggio, è l'unico adulto veramente amabile nel film. «Ho scelto leggendo la sceneggiatura, prima che attirata dal ruolo. Ho interpretato due donne diverse, che avevano lo stesso sentimento di amorevolezza e maternità. Ancora più interessante per me era essere in questo progetto, ma la dolorosa verità su cui è basato non è il motivo per cui ho fatto, anzi poteva essere un deterrente - ha affermato Valerio Golino durante la conferenza - è nella scrittura che ho visto il cinema. Il film era molto ambizioso, non si poteva non fare, anche rischiando che uscisse un brutto film».

L'altro sdoppiamento invece, è stato affidato a Pina Turco, una mamma completamente disinteressata e complice degli abusi su Fortuna, e una distratta impiegata dell'Asl. «E' stato più semplice lavorare su un personaggio graffiante, opposto all'immagine della mamma proiettata dalla bambina e che noi tutti vorremmo. Ho pensato che fosse giusto per me farlo, e mai come in questo momento è giusto ripensare a questa storia».

Per la costruzione del film, il regista e lo sceneggiatore, hanno consultato gli atti giuridici, acquisito documentazioni e letto gli articoli di cronaca, ma la storia non segue alcuna cronologia di quanto realmente accaduto.

«Ho consentito a Fortuna attraverso questo film, di avere una possibilità di salvezza, di farla arrivare su una stella attraverso il cinema. Tutto quello che è fuori dall'inquadratura suscita orrore, è lo spettatore che riempie il buio,ci mette quello che lo spaventa. In questo senso è come se fosse un film dell'orrore» considera ancora il regista, che alterna i toni della fiaba a quelli dell'horror.

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