Ezio Greggio: «Ho aiutato a portare malati ucraini in Italia. La guerra? Sorridere dà speranza»

Ezio Greggio: «Ho aiutato a portare malati ucraini in Italia. La guerra? Sorridere dà speranza»
di Gloria Satta
4 Minuti di Lettura
Lunedì 25 Aprile 2022, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 09:30

«Fuori c'è il dramma, noi vogliamo portare il sorriso e la speranza», dice Ezio Greggio presentando il 19mo Festival de la Comédie di Montecarlo in programma da oggi al 30 aprile con otto film in concorso da tutto il mondo, due eventi speciali (Tapirulàn di Claudia Gerini e Lasciarsi un giorno a Roma di Edoardo Leo), anteprime tra cui Una boccata d'aria con Aldo Baglio e Mamà o papà di Dani de la Orden, premi alla carriera a Stefania Sandrelli e Luca Argentero, serate di gala, la giuria presieduta dal due volte premio Oscar Paul Haggis. Greggio, 68 anni, attore, regista, mattatore della comicità in tv, da tempo impegnato a sostenere i neonati prematuri e ora in prima linea nella solidarietà all'Ucraina, nel 2023 festeggerà i 20 anni di questo festival da lui inventato e consacrato alla commedia.

Che effetto le fa essere arrivato così lontano?
«È come se avessi vinto l'Oscar.

E senza schiaffeggiare nessuno».

A proposito, cosa pensa di Will Smith che ha colpito Chris Rock per una battuta sull'alopecia della moglie?
«È stato un brutto episodio e ora aspetto con ansia l'incontro della pace tra i due comici. Rock dovrebbe spiegare al collega che non intendeva offendere, a Smith toccherebbe riconoscere di aver esagerato».

È stato difficile imporre al mondo del cinema un festival riservato ai film brillanti?
«Altroché. Quando Mario Monicelli e io avemmo l'idea, vent'anni fa, eravamo Don Chisciotte e Sancho Panza in guerra contro i mulini a vento. Ci consideravano due matti, ma noi siamo andati avanti. E la nostra creatura, partita come una chiesetta, è diventata ormai una cattedrale. Riabilitare le commedie, tradizionalmente snobbate da tutte le rassegne, è stata un'opera meritoria. Infatti ci hanno seguito tutti».

Oggi, alla luce della tragica attualità, è opportuno ridere?
«Sì, senza dubbio. Il festival ha più che mai una funzione sociale: esprime un messaggio positivo, offre una speranza dopo due anni passati in casa per colpa del Covid e mentre in Ucraina i civili vengono uccisi senza motivo. È devastante. Ognuno di noi deve fare il proprio lavoro. Di fronte all'attuale massacro, dobbiamo far capire ai governanti che la vita deve andare avanti nel nome di pace, serenità, libertà».

Lei come esprime la sua solidarietà all'Ucraina?
«Con la mia associazione e in collaborazione con Sant'Egidio abbiamo organizzato i primi due pullman che da quel Paese martoriato hanno portato a Roma un centinaio di malati, in maggioranza mamme, bambini, pazienti dializzati per farli curare. Nel mio piccolo, e con l'aiuto di alcuni amici, mi sono mobilitato. È bastato vedere le facce di quelle persone sventurate a darci la voglia di far partire altri pullman, infatti stiamo programmando altri viaggi».

Ci sono ospiti del festival che hanno lasciato il segno?
«Innanzitutto Monicelli, che premiavo a ogni edizione. Poi Alberto Sordi che fu molto generoso rimanendo a tu per tu con il pubblico per un tempo infinito. Non dimentico la standing ovation riservata a Robert Hossein mentre Omar Sharif, abituato ad alzare il gomito, salì sul palco del tutto sobrio evitando così spiacevoli fuoriprogramma. E Nino Manfredi volle venire a Montecarlo sebbene fosse già malato, ricevendo un'accoglienza trionfale».

La pandemia ha cambiato l'umorismo cinematografico?
«Non credo. Ha semmai cambiato l'industria che deve confrontarsi con lo streaming. La commedia continua a riflettere la realtà in tutte le sue sfaccettature, come risulta dai film che abbiamo messo in cartellone».

Il suo ultimo film da attore è stato nel 2020 Lockdown all'italiana di Enrico Vanzina. Tornerà sullo schermo, magari anche come regista?
«Dei progetti ci sono. Ma per ora penso a fare bene il festival e a consigliare al Principe Alberto, che ci onora ogni anno della sua presenza, il film giusto da vedere».

E cos'è che fa ridere lei, Greggio?
«Un paio di commedie intramontabili che continuo a rivedere senza stancarmi: Frankenstein Junior di Mel Brooks e La banda degli onesti con Totò e Peppino. Sono arrivato alla centesima volta e ancora rido come il primo giorno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA