Dheepan, dallo Sri Lanka alle banlieue: i tanti volti della guerra nel grande film di Audiard

Dheepan, dallo Sri Lanka alle banlieue: i tanti volti della guerra nel grande film di Audiard
di Fabio Ferzetti
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Sabato 21 Novembre 2015, 00:33 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 18:59
Film di guerra, cinema sociale, dramma intimista: tre film in uno, e che film! Con il poderoso Dheepan, palma d’oro a Cannes 2015, il regista di Il profeta e Tutti i battiti del mio cuore torna alla sua forma migliore dopo l’azzardato Un sapore di ruggine e ossa. Nessuno meglio di lui infatti sa sposare la brutalità dell’azione alla dolcezza dei sentimenti nascosti dentro i personaggi, e questa era la classica occasione d’oro. Tanto più che il protagonista Antonythasan Jesuthasan, ex-bambino soldato con le tigri tamil negli anni 90, poi rifugiato politico e scrittore, ha un vissuto personale non lontano da quello raccontato dal film.



Dheepan infatti è un capo guerrigliero Tamil che arriva fortunosamente in Francia con la sua pseudo-famiglia per cercare asilo politico. La sua guarnigione e la sua vera famiglia sono state sterminate nel breve prologo di ammirevole asciuttezza. La donna e la ragazzina che lo accompagnano sono due perfette estranee, anche tra di loro. Ma è come famiglia in cerca d’asilo che vengono accolti in Francia e sistemati in qualche sperduta banlieue dove Dheepan fa il portiere e sua “moglie” la badante per un arabo malato. Mentre la loro finta figlia, la più svelta a imparare qualche parola di francese, cerca di adattarsi a un mondo non proprio accogliente.



Il problema è che Dheepan la guerra se la porta dentro. Vorrebbe la pace ma non può dimenticare il suo paese, il suo popolo, i suoi uomini sterminati dalle forze governative. Tanto più che l'immenso caseggiato in cui lavora è dominato da una gang di spacciatori, immigrati come lui ma di seconda e terza generazione, che impone un ordine quasi militare.



Così, mentre Audiard procede alternando con molta finezza i tre diversi punti di vista di quegli ultimi arrivati - lui, lei, la ragazzina - che parlano male il francese e sono i paria dei paria; mentre fra quei due esuli si fanno strada sentimenti intermittenti e sconosciuti, la tensione sale, quel faticoso processo di integrazione si spezza. E la tigre tamil si risveglia, dichiarando guerra a quei balordi di periferia...



Si pensa a Gran Torino di Clint Eastwood, altra storia di un reduce costretto a tornare in azione nel suo quartiere, ma a ruoli invertiti, anche perché qui nessuno è davvero nel “suo” mondo. I delinquenti sono quasi tutti magrebini e africani che lo Sri Lanka non sanno nemmeno dove sia. In qualche modo Dheepan è il “loro” arabo, l’ultimo arrivato.



Ma prima del crescendo finale, introdotto da un salto di tono che apre la porta a molte interpretazioni, il film segue con grande adesione emotiva i tre percorsi paralleli di Dheepan, della ragazzina e della donna, che ha un punto di vista tutto suo su quei delinquenti così “esotici” e a volte affascinanti. Con lampi inattesi di humour (la discussione sul misterioso senso del comico dei francesi, appunto). Che non ostacolano ma anzi rinforzano il gioco di specchi tra le guerre dimenticate del Sud del mondo e quelle non meno rimosse di casa nostra.
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