La nuova scena secondo Mario Martone: «La creatività più forte dell'emergenza»

Il lampadario monumentale del Costanzi protagonista del film opera Traviata, regia di Martone
di Simona Antonucci
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Giovedì 22 Aprile 2021, 17:13 - Ultimo aggiornamento: 17:39

«C’è un mondo che aspetta di potersi esprimere e di lavorare: ora sta scoppiando. Serve una risposta a questa tensione. E la risposta non può che essere la riapertura delle sale. Definitiva». Lo chiede Mario Martone, regista che, durante il lockdown, ha trasformato la paralisi da pandemia in creatività, firmando due spettacoli del Teatro dell’Opera di Roma, fuori da ogni schema, battezzati “film opera” perché non avevano un nome. «Progetti nati da un’emergenza, con tempi di lavorazione avvampati, ma vitali, avventure ai limiti dell’incoscienza», ricorda.

Il Don Giovanni

Il Barbiere di Siviglia, andato in onda su Rai 3 il 5 dicembre, per l’inaugurazione del lirico romano, ha vinto il Premio Abbiati.

La Traviata, girata sempre al Costanzi, e trasmessa in prima serata, su Rai 3, è stata premiata da un milione di telespettatori. Con i teatri aperti questi due spettacoli girati dentro il Costanzi, trasformato in un set, forse non sarebbero mai esistiti. «Forse no. Ma ci sarebbe stato altro. Il Don Giovanni, per esempio, che avrebbe dovuto inaugurare la stagione. E sarebbe stato uno spettacolo, concepito comunque per la pandemia, ma con gli spettatori, pochi, in sala. L’idea di utilizzare lo spazio del Teatro dell’Opera vuoto, che poi è diventata vincente per Barbiere e Traviata, nasce proprio con il Don Giovanni. Che prevedeva pubblico ridotto, ma non solo nei palchi. Una costruzione complessa, spaziale, con gli spettatori a 360 che avrebbero visto, e vedranno, appena sarà possibile, un lavoro come Barbiere e Traviata, ma dal vivo, senza telecamere. Non devono esserci limiti alla creazione. Soprattutto in momenti del genere».

Gli ascolti di Traviata

Spettacoli sperimentali e di successo: un milione di spettatori per Traviata su un canale generalista. «Sono felicissimo, ma non così sorpreso. C’è una sottovalutazione delle persone. Ma perché un milione di italiani non dovrebbe aver voglia di vedere una nuova produzione di Traviata. Bisogna avere più fiducia». Un format vincente che potrebbe ripetersi in nuove “puntate”. «Si è aperta una strada interessante. Barbiere e Traviata sono nati da una necessità, da un intuito. Anche perché quando hai un mese di tempo non ci sono pensieri. Sono film “scomposti” che sarà interessante vedere anche dopo la pandemia. Ma la strada da esplorare, al momento, è quella di riaprire i teatri. Mettendo in campo nuove forme per affrontare questa fase che impone dei limiti. Una produzione, appunto, proprio come il Don Giovanni, pensata per un numero ridotto di spettatori, distanziati, utilizzando i vuoti per ribaltare tutte le proporzioni».

Il filo di mezzogiorno

Dalle produzioni per la tv a uno spettacolo di prosa, intimo, per due persone. «A Napoli, sto provando Il filo di mezzogiorno, un testo che Ippolita Di Majo (moglie di Martone, ndr) ha tratto da un romanzo di Goliarda Sapienza. Due personaggi: l’autrice e il suo analista. Coproduzione dello Stabile di Napoli che era, sarebbe, è, non so più come dire, previsto all’India a fine maggio a Roma, con Angela Finocchiaro e Roberto de Francesco».

Qui rido io con Toni Servillo

E poi il cinema. «Aspetto l’uscita di Qui rido io con Toni Servillo, sulla figura di Eduardo Scarpetta. E vorrei che venga visto sul grande schermo. Se a teatro gli spettatori non parlano, al cinema non parlano neanche gli attori. Non capisco che cosa si aspetti».

Premio Abbiati

Intanto, ha ricevuto il quinto Premio Abbiati. «Il primo arrivò con Matilde di Shabran al Rossini Opera Festival del 2003. Il secondo per l’Antigone di Ivan Fedele, al Maggio Fiorentino. Poi Bassaridi al Teatro dell’Opera. Quindi Kovancina di Musorgskij alla Scala. E ora il Barbiere. Tutti premi per operazioni innovative. Ma quest’anno mi ha fatto molto impressione pensare a cosa fosse Kovancina, in fondo pochi mesi fa, con 150 persone in scena, cori di bambini. E il Barbiere, scarnificato, con un teatro vuoto, poche persone quasi fossero fantasmi. Un altro mondo». 

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