«Il cinema è sempre politico, anche i film d'azione in cui un pugno di “eroi” salvano il mondo con una pistola hanno una valenza politica», esordisce il regista greco naturalizzato francese, che a Bari la Fipresci (Federazione internazionale della critica cinematografica) onora con un Platinum Award. «Non puoi non farti coinvolgere in quanto avviene attorno a te: non prendendo una decisione, in realtà, ne stai già prendendo una. Se rifiuti la politica, rifiuti di relazionarti con molta gente. Ma la peggior cosa in una società è proprio l'individualismo».
Difficile, oggi, fare ancora film politici? Oltre che produttivo il problema è di racconto: che linguaggio usare per incidere su un mondo assordato dall’informazione? «I media hanno enormi responsabilità. Se Marine Le Pen è diventata un fenomeno, è anche perché il sistema dell’informazione attuale ha fatto da grancassa alle sue idee diffondendo enormemente il virus del razzismo». Ma il soggetto che lo appassiona davvero al momento è l’integralismo islamico.
«Credo che quello creato dall'Isis sia un mondo di tiranni: mi piacerebbe girare una storia che ne indaghi origini e basi culturali. Oggi però - vedi appunto la propaganda del Front National - sugli arabi si tende a fare di ogni erba un fascio. Mentre la quasi totalità degli arabi non è affatto estremista».
Aspettando di vedere finalmente anche in Italia il suo ultimo film, "Le capital" (che non parte dal monumentale saggio di Marx ma da un romanzo contemporaneo di Stéphane Osmont), Costa-Gavras rievoca volentieri anche il suo passato. Da quando fu costretto a emigrare dalla Grecia perchè di famiglia «anti-monarchica, non comunista come invece si è spesso pensato». Ai suoi primi passi come assistente di Renè Clair e Renè Clement, destinato a guardare «ai grandi film polizieschi americani», con la loro attenzione al sociale, «più che ai miei coetanei della Nouvelle Vague francese, quasi sempre giovani agiati che parlavano del loro mondo», dice con un pizzico di polemica.
Intanto il Bif&st diretto da Felice Laudadio, va avanti registrando il solito afflusso record di spettatori. La ricetta è semplice. Anteprime, retrospettive (Francesco Rosi, Fritz Lang), incontri con registi e attori, due concorsi riservati ai film e agli esordi italiani della stagione. Il pubblico apprezza, le sale sono sempre strapiene. Nella rifondata Festa del Cinema di Roma non lo ammetteranno mai, ma un’occhiatina al “modello” Bari la daranno senz’altro.
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