Con il film coreano "Parasite" Cannes premia il nuovo cinema

Bong Joon-ho dopo la vitttoria a Cannes
di Gloria Satta
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Domenica 26 Maggio 2019, 07:52 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 10:46

Il Festival dei grandi nomi, della presenza femminile robusta, delle voci nuove premia «all’unanimità» il film correano: la Palma d’oro di Cannes 2019 è andata a Parasite, commedia ”nera” sullo scontro di classe diretta da Bong Joon-ho. "Sono felice, non mi aspettavo che il mio film, così coreano, venisse capito al 100 per cento. E adesso vorrei conoscere Gianni Morandi: nel finale ho messoil suo hit In ginocchio da te", ha detto il regista emozionatissimo. L’Italia è fuori dal palmarès: malgrado le splendide critiche internazionali ricevute da Il Traditore, nonostante l’applauditissima interpretazione di Pierfrancesco Favino, il film di Marco Bellocchio è rimasto a bocca asciutta. In compenso, venduto in tutto il mondo, dagli Usa alla Cina, dall’Australia all’Europa, ha iniziato proprio da Cannes un trionfale cammino nel mondo destinato a sfociare nella designazione italiana per l’Oscar.

NUOVE VOCI. E c’è una cospicua rappresentanza delle nuove forze del cinema nel palmarès espresso dalla Giuria guidata dal messicano premio Oscar Ajejandro Gonzalez Inarritu: la regista senegalese Mati Diop ha avuto il Gran Prix per Atlantique che racconta l’immigrazione in chiave simbolica, mentre il Grand Prix è andato ex aequo al potente Les Misérable dell’esordiente francese Ladj Ly, ambientato alla periferia francese, e al visionario Bacurau dei brasiliani Mendonça Filho e Dornelles. La francese Céline Sciamma, che nei pronostici dell’ultimo minuto era data in pole per la Palma d’oro, ha vinto invece per la sceneggiatura di Portrait de la jeune fille en feu, storia d’amore lesbo nel 18mo secolo, e come migliore attrice è stata premiata Emily Beecham, protagonista di Little Joe. Miglior attore è invece Antonio Banderas che in Dolor y Gloria interpreta con tutta l’intensità e il dolore possibile il regista Salvador Mallo alter ego di Pedro Almodovar: ed è proprio al maestro spagnolo, amico e complice artistico di una vita, che Antonio ha dedicato la vittoria.

FUORI I MAESTRI. Fuori i maestri, dunque: ad eccezione degli onnipresenti Jean-Pierre e Luc Dardenne che, due Palme d’oro già all’attivo, hanno vinto il premio della regia per Le jeune Ahmed sulla radicalizzazione di un giovane musulmano, sono rimasti fuori dal palmarès anche Quentin Tarantino (comunque presente alla premiazione, tanto che qualcuno si aspettava vincesse la Palma), Ken Loach, Terrence Malick, Arnaud Desplechin, Xavier Dolan, Abdellatif Kechiche oltre all’habituée di Cannes Isabelle Huppert, alla sua 26ma partecipazione al Festival. Al palestinese Elia Suleiman è andata una menzione speciale per It Must Be Heaven.
LA GIURIA. «Abbiamo discusso, ci siamo democraticamente confrontati e le nostre scelte non sono state facili», ha spiegato Inarritu per la Giuria di cui faceva parte anche Alice Rohrwacher. «E sebbene l’urgenza di raccontare i nostri tempi difficili, dominati dall’ingistizia sociale, fosse comune a molti film, il nostro non è stato un verdetto politico: abbiamo fatto delle scelte puramente cinematografiche».

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