Claudio Amendola: «Fui molestato da una donna, approfittò del suo potere»

Claudio Amendola
di Gloria Satta
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Sabato 17 Novembre 2018, 16:26 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 12:33

Uno sbirro romano ruvido, ciancicato dalla vita, allergico alle regole ma profondamente onesto, capace di grandi tenerezze e pronto a superare i pregiudizi: è l'ispettore Carlo Guerrieri, il personaggio interpretato da Claudio Amendola nella nuova serie Nero a metà, regia di Marco Pontecorvo, 12 episodi divisi in sei prime serate in onda su Raiuno dal 19 novembre.

Il poliziesco tv va al passo con i tempi e diventa un manifesto anti-intolleranza: Guerrieri lavora nel quartiere Monti, abita all'Esquilino e deve vedersela con una Roma che diventa sempre più multietnica ed è rappresentata dal suo giovane e brillante secondo di colore (l'attore Miguel Gobbo Diaz).

Dapprima l'ispettore lo subisce («ecco er negro») poi supera le prevenzioni anche perché il ragazzo s'innamora della figlia. Cranio rasato per il film di Giorgio Pasotti Abbi fede, solita schiettezza, Amendola beve acqua liscia e si racconta.

Il suo sbirro che impara ad accettare il diverso è la risposta alla politica anti-immigrazione del governo?
«Non direi. Guerrieri incarna i disagi di chi fatica ad accettare le trasformazioni della società. Poi, però, il suo atteggiamento cambia».

Ma lei perché ha interpretato questa fiction?
«È nuova, coraggiosa e intelligente. Racconta il presente senza stereotipi. Di poliziotti, in tv ne abbiamo visti a bizzeffe. Guerrieri si distingue».

È razzista, secondo lei, la Capitale?
«Non può permetterselo perché è da sempre il crocevia di tante culture. E' stanca, semmai, di assistere al proprio declino lento e inesorabile».

Colpa degli amministratori?
«Troppo facile invocare le ruberie di ieri e le inadeguatezze di oggi. Roma, per riprendersi, ha bisogno innanzitutto dell'impegno dei suoi cittadini».

Mesi fa ha elogiato Matteo Salvini: era di sinistra, ha cambiato bandiera?
«È scoppiato il finimondo solo perché ho detto che il vicepremier è un bravo politico: ma era una constatazione, sorretta dai numeri elettorali».

Soddisfatto della sua carriera?
«Certo, ho interpretato i personaggi giusti al momento giusto. Sono stato fortunato».

Rimpianti?
«Mi mangio ancora i gomiti perché rifiutai Il bagno turco di Ozpetek: non volevo fare il gay, ma ho avuto torto».

Sua moglie Francesca Neri ha lasciato il cinema per la famiglia, lei ha scansato una promettente carriera americana: l'amore vero richiede rinunce?
«Francesca ha scelto di dedicarsi a me e a nostro figlio Rocco. E non la ringrazierò mai abbastanza. Quanto a me, pur avendo lavorato con dei registi stranieri, non ho mai pensato di trasferirmi all'estero».

Ha un sogno?
«Continuare a dirigere. Il mio terzo film da regista sarà in parte autobiografico».

Cosa pensa della mobilitazione anti-molestie?
«Sono dalla parte delle donne, qualunque denuncia è sacrosanta. Ma bisogna educare i maschi a rispettare l'altro sesso. E lo dice uno che ne ha viste tante: uomini molestatori e donne all'assalto degli uomini».

A cosa si riferisce?
«Sono stato molestato anch'io. Ho iniziato a lavorare da giovane, ero un bel ragazzetto. Una donna più grande approfittò del suo potere per saltarmi addosso».

E lei come ha reagito?
«Che dovevo fare.

Ce so' stato». 

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