Cinema, Enrico Vanzina: Io, lei e un film; il miracolo delle storie viste in sala

Cinema, Enrico Vanzina: Io, lei e un film; il miracolo delle storie viste in sala
di Enrico Vanzina
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Martedì 4 Maggio 2021, 10:08

Domenica pomeriggio, con mia moglie, sono andato al cinema Nuovo Olimpia a vedere Nomadland il film che ha appena vinto tre Oscar: miglior film, miglior regista e migliore attrice protagonista (la superba Frances McDormand). In realtà, avevamo provato ad andare al cinema già il sabato, ma i tre spettacoli erano esauriti. Così come era esaurito anche il nostro spettacolo della domenica (metà capienza per misure Covid).
Come dire: pochissime sale hanno riaperto i battenti ma per fortuna la gente ha ancora una grande voglia di cinema. Quella che avevo io, dopo mesi di astinenza.

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Non commento Nomadland (questa non è una recensione) anche se si tratta di un film magnifico, triste, tosto, che ti fa riflettere e che ti resta murato dentro.

Mi limito a fare la cronaca delle due ore durante le quali, insieme a mia moglie, ci siamo riappropriati di un pezzo importante della nostra ex quotidianità. Abbiamo toccato di nuovo con gli occhi, l'udito, la memoria, la fantasia e il cervello, la magia del Cinema. Avvicinandoci a piedi al Nuovo Olimpia abbiamo avuto un sussulto al cuore. Davanti all'ingresso c'era la fila. Una fila ordinata, distanziata, con tanto di mascherine. Non quella di un supermercato per andare a comprare le patate o un pacco di fusilli, era la fila per entrare a vedere un film. Ci siamo stretti la mano, con una stretta di emozione al cuore. Dentro, in sala, era già tutto pieno. Un silenzio educato era appena rotto da qualche vocio impercettibile. Quello che precede un concerto o una prima teatrale, qualcosa di elettrico e di irripetibile: l'attesa di un rito che sta per iniziare. Poi le luci si sono spente e sii è illuminato lo schermo. Grande, entusiasmante, non più il monitor ossessivo di un televisore multiuso, il quale passa con disinvoltura da un Tg a una soap, da una partita di calcio a un reality, da una pubblicità a un video musicale. No, era lo schermo dedicato esclusivamente al Racconto per immagini, quello della vecchia e cara settima Arte, lo schermo del Cinema, quello di un Nuovo Cinema Paradiso resuscitato dai ricordi intrecciati alla celluloide della vita.

 

Io guardavo soprattutto il pubblico. Persone attente, concentrate, non squillavano i cellulari, non arrivavano voci dal cortile, nessuno mangiava il sushi, nessuno beveva una birra, non suonava il campanello di casa, i pupi erano silenti, i cani non abbaiavano. Era una cerimonia per uomini e donne disposti a dedicare la loro attenzione a una storia. Cosa c'è di più bello? Farsi rapire da una storia. Che meraviglia quella tensione emotiva, quel passare dalla tristezza a un sorriso, da attimi di musica a quelli di fascinazione per le immagini che ci trasportavano in luoghi lontani e meravigliosi, irraggiungibili se non fosse stato per quello schermo magico.

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Ma la vera gioia mia moglie e io l'abbiamo provata alla fine del film. Si è accesa la luce. E siamo usciti in strada. Intorno a noi c'era la folla della domenica. Noi, però, non sentivano il vociare di quella folla. Continuavamo a vivere il riverbero emotivo del film appena visto. Io ho fatto un commento. Poi lo ha fatto lei. Ci siamo scambiati opinioni. Abbiamo discusso. Insomma, abbiamo ritrovato quel modo così civile di vivere che consiste nel confrontarsi gentilmente. Nel conversare amabilmente. Nel dirsi, senza dircelo, che avevamo avvicinato il vero attraverso una finzione cinematografica, la quale spesso è più vera del vero. Tornare al cinema ha avuto questo sapore: ci ha ricordato che senza uno schermo condiviso al buio e in silenzio con altri spettatori, una storia non esiste. Il Cinema si vede al cinema. E mi è tornato in mente Godard quando diceva che il cinema genera ricordi mentre la televisione lascia dietro di sé ore di sonno sul divano. È esattamente così.
 

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