Quando Caligari decise di girare “Amore tossico 2”

Quando Caligari decise di girare “Amore tossico 2”
di Davide Desario
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Venerdì 11 Settembre 2015, 18:03 - Ultimo aggiornamento: 18:06
Questa intervista fu pubblicata sul Messaggero del 9 maggio 2005. Il regista di "Amore tossico" parlava del suo progetto di girare il seguito di quel film. Un progetto che sarebbe poi diventato "Non essere cattivo". Una pellicola che ha visto la luce al Festival di Venezia 2015, dieci anni dopo, quando ormai Caligari era scomparso.



Amore Tossico 2. E' qualcosa più di un'idea nella testa di Claudio Caligari, il regista di quel film cult che, nel 1984, ha fatto raccontare dai tossici il loro inferno. Quello della droga pesante che stava invadendo le nostre periferie. Caligari scioccò l'Italia con una pellicola cruda, vera, violenta e ironica.



Come solo la realtà sa essere: una cinepresa puntata sull'Ostia post pasoliniana dei buchi di eroina sul collo perchè sulle braccia non c'era più posto, degli scippi per svorta' (comprare una dose), delle marchette per pagarsi la robba, delle rapine a mano armata pe arzà du scudi , del «frena i freni che c'è 'na farma» e di Alice che cantava «Per Elisa, vuoi vedere che perderai anche me...».



Sono passati ventuno anni da quel film shock. In questi ventuno anni Caligari ha diretto solo un altro film (L'odore della notte, con Valerio Mastrandrea a capo della banda romana di Arancia Meccanica). Adesso, però, il regista e sceneggiatore sta raccogliendo materiale e testimonianze per fare il bis. Non il seguito ma l'aggiornamento: la droga è quella socializzante delle pasticche, della chetamina, delle anfetamenine conosciute tra un rave party e una partita in Curva allo stadio. Droga sintetica che però, alla fine, spesso ti intrappola e ti consegna ancora una volta alla solitudine dell'eroina.



Perchè dopo ventuno anni, tornare a lavorare sui tossici?

«Perchè siamo di fronte ad una falsa quiete. La droga è ancora un fenomeno di massa. Grazie ad Amore Tossico continuo ad essere in contatto con tantissime persone che mi confidano ancora oggi storie incredibili, raccontano con naturalezza di assunzione quotidiana di pasticche e di capodanni festeggiati chiusi in casa fare il pieno di acidi e a bucarsi l'impossibile. Sto raccogliendo materiale dall'inzio dell'anno».



Un altro film-documentario?

«Amore Tossico è un film raccontato senza filtri. Vorrei fare lo stesso. Non voglio la versione addomesticata di professori e poliziotti che parlano il linguaggio del sistema. Non voglio scrivere una storia a tavolino. Voglio cercare e trovarne un altro Cesare Ferretti (il protagonista di Amore Tossico, morto qualche anno fa ndr) che mi riveli una nuova rivoluzione copernicana. Certo vent'anni fa il cinema italiano aveva ancora margini per film “fuori dal sistema”. Oggi no. Anche sul grande schermo comanda la televisione e il suo appiattimento».



Sarà un Trainspotting all'italiana?

«No. Trainspotting è stato un film furbo. Un compromesso tra la realtà dei tossici e i codici dominanti della comunicazione di massa. E' un film figlio del conformismo».



Ma oggi anche i tossici sono conformisti. Non trova?

«Quello che Pier Paolo Pasolini aveva previsto si è avverato: la mentalità borghese ha conquistato la società intera. Ma, forse, proprio nello sprofondo della droga, del consumatore-spacciatore perché altrimenti non se la può permettere, si può ancora scovare l'Accattone del terzo millennio».



Magari a Ostia?

«Non ci torno da quindici anni.
Mi dicono che è molto migliorata. All'epoca il quartiere, però, si rivoltò. I commercianti ci denunciarono. Ma noi avevamo soltanto filmato la realtà. La magistratura alla fine ha archiviato tutto. Però girare ancora a Ostia sarebbe bello».
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