Berlusconi e Loro: il Silvio firmato Sorrentino è più torero che Caimano

Berlusconi e Loro: il Silvio firmato Sorrentino è più torero che Caimano
di Mario Ajello
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Martedì 24 Aprile 2018, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 20:31

Non lo ha visto ieri, in anteprima, Silvio Berlusconi questo film che parla di lui, della sua corte, della sua fenomenologia, della sua antropologia. Tutti lo immaginavano da solo, nel buio della saletta cinematografica di Arcore, mentre guardava «Loro».

Magari confermandosi nel suo pregiudizio: «Mi sono giunte voci che sia un'aggressione politica nei miei confronti». Così non è, almeno la prima parte, mentre la seconda si annuncia più hard, e certamente lo vedrà il Cavaliere - pur avendo fatto annunciare ieri in una nota: «Non ha intenzione di vederlo» - e potrebbe per certi versi apprezzarlo.

Per esempio nella parte in cui cerca di riconquistare la Lario (Elena Sofia Ricci), sempre più immersa nella lettura di libri di sinistra (come «L'uomo duplicato» di Saramago: «Un Premio Nobel che parla male di me è comunque un onore», dice Silvio alla moglie) e questo personaggio femminile, in linea con la delicatezza di «Tendenza Veronica», il volume firmato da Maria Latella, è molto ben tracciato da Sorrentino. In quest'opera che si apre con una frase perfetta di Giorgio Manganelli: «Tutto documentato, tutto arbitrario».

Certo, ci sono le donne che si vendono, i corpi nudi, sesso e tanto sesso, droga e tanta cocaina, il bunga bunga ancora no ma quasi, e un clima da decadancing ossia il crepuscolo di un leader al ritmo di balletti, di musiche avvolgenti, in atmosfere da harem e da corte e tuttavia in «Loro 1» questo sottobosco tarantiniano che serve al godimento dell'«utilizzatore finale» non entra ancora in contatto - in «Loro 2» succederà - con Lui. Il quale entra in scena tardi. Mascherato da turco che porta diamanti alla moglie e cerca di sedurla come un tempo gli riusciva ma ora non più. Oppure, ecco Berlusconi-Servillo che nella villa sarda dove passeggiano le pecore steineriane parla con il nipotino. Gli dice a proposito della cacca di un animale che è una cacca ma se dici che non lo è, e sei convincente, potrebbe davvero non esserlo: «La verità - spiega il nonno - è quella che tu costruisci come verità e che riesci a far diventare credibile». E questo è il nocciolo originario, il quid del berlusconismo e il suo ubi consistam.

Ma non è mai moralistico lo sguardo di Sorrentino. Non è di denuncia. «Loro 1» insomma non è minimamente associabile alla filmografia anti-berlusconiana del tipo Nanni Moretti. Quello di Sorrentino su «Loro» non vuol essere lo sguardo dell'Italia civile contro l'Italia alle vongole delle cosiddette «feste eleganti». E' concavo e convesso come il suo personaggio il regista. Ha l'ironia di far passare un topone, una zoccola, in mezzo alle ragazze in cerca di fortuna che marciano sui Fori Imperiali verso Palazzo Grazioli, per essere ricevute da lui. E mentre loro passano e passa anche la zoccola, un camion dell'Ama sbanda, va a finire nei Mercati Traianei e (citazione di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni) esplode. Sputando spazzatura che si trasforma in un diluvio di pillole allucinogene.

IL REFRAIN
Non fa che ripetere Servillo, in questo apologo sulla politica che evapora in un Paese che diventa irriformabile e in cui l'illusione del cambiamento berlusconiano si trasforma nell'egemonia del godimento di Lui: «Perché non mi fanno tornare a governare, io sono un uomo del fare, io non so stare senza fare nulla, devo costruire, costruire, costruire...».

Questo il suo cruccio. Quello della perdita del potere (c'è Monti al governo) che produce noia, solitudine, straniamento, perdizione. «I comunisti mi hanno scippato il governo, i figli l'azienda, Veronica mi considera l'origine di tutti i mali»: fa tenerezza il re che si consola con Apicella e con il suo vulcano. Mentre in Forza Italia gli tramano contro. Ecco Santino, un ex ministro, anche poeta, ossia Sandro Bondi, ma anche un po' Tremonti. Trama per sostituire il leader, viene scoperto. Lui gli fa recitare una poesia encomiastica («Fresco pensiero / suadente meraviglia...»), poi gli dà del traditore e quello s'inginocchia al sovrano piagnucolando la richiesta di perdono. Che non ottiene: «Chi non è con me è contro di me e sarà politicamente decapitato».

Sorrentino, nella sinossi, cita Ernest Hemingway, che in «Fiesta» scrive: «Non c'è nessuno che vive la propria vita sino in fondo, eccetto i toreri». «Ecco», commenta il regista, «forse l'immagine più completa che si può avere di Berlusconi è questa: un torero». Non un Caimano.

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