Ben Affleck interpreta un uomo autistico: «Basta fumetti, adesso è l'ora degli antieroi»

Ben Affleck interpreta un uomo autistico: «Basta fumetti, adesso è l'ora degli antieroi»
di Francesca Scorcucchi
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Martedì 1 Novembre 2016, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 18:30

LOS ANGELES
Nella Hollywood che sempre più spesso si affida ai fumetti per fare incassi al cinema è arrivato finalmente il film che l'audience adulta, quella che non ne può più di supereroi e saghe fantasy, vorrebbe vedere al cinema. Si tratta di The Accountant, diretto da Gavin O'Connor e interpretato da un cast stellare composto da Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K. Simmons, Jeffrey Tambor, John Lithgow e Alison Wright.
Ben Affleck è più bravo come sceneggiatore, regista e produttore in queste vesti ha vinto due Oscar che come attore, eppure questa volta il ruolo di un autistico savant, genio della matematica, che tiene in scacco polizia e organizzazioni malavitose, sembra davvero azzeccato. Christian Wolff, questo è il nome del suo personaggio, è un uomo che ha più affinità con i numeri che con le persone, lavora sotto copertura in un piccolo studio ed è il contabile freelance di alcune delle più pericolose organizzazioni criminali del pianeta. Nonostante abbia la Divisione anti-crimine del Dipartimento del Tesoro alle costole, Christian accetta l'incarico di un nuovo cliente: una società di robotica dove una delle contabili ha scoperto una discrepanza nei conti. Le cose si faranno pericolose non appena Christian inizierà a svelare il mistero e ad avvicinarsi alla verità.

Mr. Affleck, chi è Christian Wolff?
«Un uomo diviso fra la sua natura, dolce e gentile e la vita che ha vissuto, con un padre esigente che lo ha sottoposto a prove incredibili per farlo diventare quello che è diventato, per fargli superare le difficoltà dell'autismo. Un uomo che passa la vita a cercare di riconciliare queste diverse influenze. Un personaggio interessante, descrivendo il quale abbiamo cercato di essere il più leali possibili nei confronti della comunità delle persone affette da autismo».

Per interpretare un uomo autistico come si è preparato?
«Ho avuto le stesse difficoltà che ogni ruolo comporta. Ho fatto ricerche. Una delle cose che ho imparato grazie al mio lavoro di regista è che i migliori film sono quelli in cui si attinge dalla vita reale. La realtà è sempre più interessante che qualsiasi cosa inventata. Quindi ho fatto ricerche con ragazzi che sono nello spectrum dell'autismo. Mi ha aiutato molto guardare i loro comportamenti e trovare gesti da imitare e soprattutto calarmi nel loro essere, nel loro sentirsi, nel provare a capire come si sente una persona che riesce a fare un puzzle dal rovescio ma non ha la minima idea di come si interagisca con gli altri».

Non mancherà qualcuno che criticherà la vostra rappresentazione dell'autismo.
«C'è molto dibattito sull'argomento. Il tema crea dibattiti arrabbiati e noi sapevamo che avremmo toccato corde personali in molte famiglie e quindi è vero, non sarei sorpreso di sentire di eventuali critiche né di sapere che qualcuno si è sentito oltraggiato da un film in cui convivono le tematiche dell'autismo con scene d'azione. Probabilmente urteremo la sensibilità di qualcuno ma non avrei fatto questo film se non fossimo stati certi di aver reso un buon servizio alla comunità dei ragazzi autistici.

In che modo?
«Ribadendo un concetto semplice: il gene dell'autismo è grandioso, se non esistesse non avremmo i più grandi matematici del mondo, non avremmo avuto Einstein e non avremmo avuto Mozart».

Il suo personaggio però compie azioni difficili da approvare.
«È un combattente e in fondo difende persone in pericolo. Difende la donna per la quale è attratto. L'autismo non c'entra, l'avrebbe fatto in ogni caso, perché lui ha dei sentimenti ed è stato preparato dal padre ad affrontare situazioni di estremo pericolo».

Ben Affleck è altrettanto bravo con le armi?
«No, ma ho cercato di essere il più credibile possibile. Ho fatto molte esercitazioni per essere in grado di dare l'impressione di un uomo cresciuto in un ambiente militare. Dovevo dimostrare di avere una grande familiarità con le armi automatiche e non è facile. È come quando fai un film di sport, per quanto ti prepari non sarai mai un vero battitore».

Questo film ha impiegato molto tempo ad essere realizzato.
«Capita spesso a Hollywood, ci sono copioni che girano per anni prima di trovare la strada dell'esecuzione».
Capita spesso ma oggi capita più spesso per questo tipo di film.
«È vero».

Dove sta andando Hollywood?
«Non penso che i film tratti da fumetti smettano tanto presto di essere prodotti. Fino a che ci sarà un'audience ci sarà qualcuno che li produrrà. Molti pensano che sia il canto del cigno di Hollywood ma io credo che non sia così. Certo, il pubblico che va a vedere film come The Accountant è lo stesso che può, invece, decidere di stare a casa a guardare tutte le puntate dell'ultima stagione del Trono di spade, ma spazio per il grande schermo ci sarà sempre».
 
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