Arte, debutta il Todi Festival con le "visioni dall'alto" di Bruno Ceccobelli

Arte, debutta il Todi Festival con le "visioni dall'alto" di Bruno Ceccobelli
di Laura Larcan
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Sabato 25 Agosto 2018, 17:30 - Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 17:02
Todi, ma anche T’odi. Un gioco di parole, significati che si schiudono come una matrioska, l’orgoglio medievale di una cittadina umbra, la forza affabulatoria dell’arte contemporanea. In quel “T’odi”, c’è il tocco visionario, spirituale, poetico di Bruno Ceccobelli che l’ha scelto come titolo della sua mostra antologica ospitata nella Sala delle Pietre dell’antico Palazzo del Popolo a Todi, evento di qualità che inaugura sabato 25 agosto la 32esima edizione del Todi Festival, e che resta visibile fino al 2 settembre.
 


Evento nell’evento, verrebbe da dire. Perché mai come in questa edizione, il Festival diretto da Eugenio Guarducci tenta di scavare nel tessuto storico della cittadina-gioiello (terra di Jacopone) per far dialogare spettacoli con palazzi, giardini segreti, terrazze, conventi, piazze. Ceccobelli, umbro di nascita e di cuore (vive nei dintorni della stessa Todi, a Montemolino) firma l’ouverture di questa rassegna di fine estate, e con lui l’arte sembra davvero protagonista. Non foss’altro per aver “rivoluzionato” per una rarissima volta l’imponente Sala delle Pietre, che con i suoi titanici spazi millenari mette sempre a dura prova gli allestimenti d’arte.

E qui Ceccobelli si racconta, inanellando le sue opere più iconiche dagli anni ‘80 ad oggi. Come ci riesce? Lo scrive bene Daniela Lancioni nel catalogo della mostra: «Le opere - di misure, tecniche, date diverse - giacciono a terra, mentre i loro destinatari sono invitati a elevarsi per guardarle dall’alto». Già, dall’alto! Perchè lungo tutte le pareti Ceccobelli ha fatto montare una passerella-ballatoio sospeso, da cui il pubblico si affaccia e ammira.

Scoprendo la storia personale dell’artista classe ‘52, finita nei manuali di storia dell’arte, come uno dei più singolari esponenti di quella che si usa definire, magari “impropriamente”, nuova scuola romana d’era post-transavanguardia, codificata sulla scena capitolina a partire dagli anni Settanta-Ottanta, meglio nota, con più efficace denominazione, come il Gruppo di San Lorenzo. Basti pensare a quel sodalizio fertile fatto di un continuo scambio di idee, che prese corpo quando un manipolo di artisti si installò presso l’Ex Pastificio Cerere, uno stabilimento industriale in disuso situato a Roma in via degli Ausoni, nel quartiere romano di San Lorenzo: con Ceccobelli c’erano Gianni Dessì, Marco Tirelli, Piero Pizzi Cannella...

Il prologo è l’atrio delle bandiere, come lo chiama l’artista: uno spazio ludico-mondano, dove sfilano come una pinacoteca le foto-bandiera che immortalano viaggi, casa, se stesso, i figli gemelli Auro e Celso (anch’essi artisti e protagonisti con una mostra personale “MotoreUniversale" nelle sale del Nido dell’Aquila). Poi, si salgono scale segrete e si conquista la visione dell’arte a volo d’uccello. Le carte, i disegni, i collage, i legni rivestiti di bitume e catrame, le stoffe, le sue figure, i suoi simboli, i suoi mille colori. Un dialogo complesso tra spirito e materia. E il leitmotiv del buio e della luce, del silenzio e del caos: le grandi pupille e iridi (bitume su tavola) che schiudono una riflessione sul cosmo. Imperdibile.

E per chi cerca ancora contemporaneo nel Festival di Todi, può scoprire anche l’esposizione di Michele Ciribifera nel singolare Spazio Unu “scavato” come una breccia nelle mura romane. Catalogo a cura di Massimo Mattioli.
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