Arcangeli nel film "Il Divin Codino"
"Baggio, una lezione di vita"

Andrea Arcangeli nel film "Il Divin Codino"
di Gloria Satta
4 Minuti di Lettura
Venerdì 21 Maggio 2021, 12:56

«Roberto me lo raccomandò al primo incontro, ed è l’unica ”dritta” che mi ha dato: non pensare alla responsabilità che ti assumi, goditi questa esperienza. Mi sono sentito sgravato di un peso enorme e già adesso, prima ancora di scoprire come andrà il film, mi sento felice». Andrea Arcangeli, 27 anni, attore giovane con il sacro fuoco negli occhi, alle spalle ”Trust” di Danny Boyle, ”Domani è un altro giorno” e le due stagioni della serie ”Romulus”, racconta la sua sfida più impegnativa: interpretare Baggio nel film ”Il Divin Codino”, disponibile su Netflix dal 26 maggio. Una sfida vinta: l’attore fornisce un ritratto interiorizzato e al tempo stesso potente del suo personaggio. 
IDOLI DEGLI STADI. Dopo Francesco Totti, protagonista in chiave per lo più di commedia della serie Sky ”Speravo di morì prima”, arriva dunque sullo schermo un altro idolo degli stadi. ”Il Divin Codino” racconta l’uomo oltre il mito: successi e cadute, la passione divorante per il calcio, gli scontri con il padre, l’incontro con il buddismo, il rapporto di amore-odio con i tifosi, lo choc del rigore sbagliato che nel 1994 costò all’Italia la vittoria ai Mondiali: «Un’esperienza mai archiviata, la porterò con me sempre», dice oggi l’ex calciatore, 54 anni.
LA CANZONE. Nel film, girato in Trentino da Letizia Lamartire sulla base della coinvolgente sceneggiatura di Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, Arcangeli è un Baggio molto credibile, seguito dal difficile debutto come professionista fino all’addio al campo, avvenuto dopo 22 anni di carriera. Del cast fanno parte anche Andrea Pennacchi, Valentina Bellé, Thomas Trabacchi, Martufello. Tra i punti di forza del film c’è la canzone ”L’uomo dietro il campione”, scritta e cantata da Diodato, fedele e toccante racconto in musica della leggenda di Baggio che ha partecipato al videoclip.
Cosa ha pensato, Arcangeli, quando le hanno proposto di interpretare Baggio?
«All’inizio, l’istinto mi ha suggerito di rifiutarlo. Non mi sentivo all’altezza di portare sullo schermo un personaggio così famoso».
E poi cosa l’ha convinta a dire sì?
«Mi sono lasciato trascinare dal coinvolgimento emotivo comune a tutte le persone implicate nel progetto, non potevo rimanerne fuori».
Come si è preparato?
«Ho eliminato tutti gli impegni e mi sono concentrato sul film, mettendomi a testa bassa a studiare il personaggio per 5 mesi».
Cosa si proponeva di fare?
«Non volevo fornire un’interpretazione da fan ma andavo alla ricerca della massima sincerità dentro me stesso».
E come ha fatto, lei che è pescarese di nascita naturalizzato romano, a riprodurre l’accento veneto del campione?
«Ho rascoltato decine di volte le sue interviste registrate. Sono arrivato ad addormentarmi con gli aurucolari in cui risuonava la voce di Roberto».
Che lezione ha ricavato da questa esperienza?
«Roberto mi ha insegnato l’approccio spirituale alla vita: quello tesso che lui, così carnale sul campo, ha sempre praticato nel privato. Si tratta di un insegnamento fondamentale per chi fa il mio mestiere».
Perché?
«Noi attori abbiamo sempre a che fare con la materia interiore. Ma da Baggio ho imparato un’altra cosa molto importante: più del risultato, conta il percorso che fai per ottenerlo».
E lei che tipo di percorso professionale si propone di fare?
«Voglio partecipare solo a progetti che abbiano su di me un impatto emotivo forte. Sogno dei bei ruoli, anche piccoli purché intensi».
Che rapporto ha con il calcio?
«Ho sempre giocato con gli amici, soprattutto nel ruolo di attaccante. Ma non sono un tifoso, non seguo più il campionato».
Anche nella sua storia ci sono dei rigori mancati?
«Lo capirò andando avanti, Baggio mi ha insegnato un modo nuovo di guardare le cose».
In questi giorni lei è sul set della seconda stagione di ”Romulus nel ruolo del protagonista Yemos, erede al trono di Alba: che esperienza è?
«Un’esperienza esaltante e totalizzante che ha preso un anno intero della mia vita e che, al contrario di ”Il Divin Codino”, richiede un grande impegno fisico. Arrivo al personaggio, vissuto nell’ottavo secolo avanti Cristo, partendo dal mio corpo».
Si sente parte del nuovo star system under 30, pilastro del rinnovamento che sta coinvolgendo il cinema italiano?
«Sì, siamo in tanti e il sistema non ha più paura di noi.

Piano piano, con il nostro lavoro, abbiamo abbattuto i pregiudizi sull’età. E dimostrato che anche noi giovani possiamo fare qualcosa di bello, qualcosa di potente».

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