Abatantuono: «Da giugno ad agosto non ho mai lavorato, ho scelto la famiglia. E sono pigro: due film all'anno bastano»

L'attore dà voce a Capitan Crow nel film di animazione Netflix "Il mostro dei mari": «Non rifarei mai Attila, ora sono un nonno»

Abatantuono: «Da giugno ad agosto non ho mai lavorato, ho scelto la famiglia. E sono pigro: due film all'anno bastano»
di Ilaria Ravarino
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Domenica 3 Luglio 2022, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 4 Luglio, 09:19

Il capitano di una nave, lui che l'aria da pirata ce l'ha sempre avuta, fino a oggi non gliel'avevano mai fatto fare. «Al massimo sono stato un sergente in Mediterraneo (il film di Gabriele Salvatores, ndr), niente più di quello», riflette il milanese Diego Abatantuono, 67 anni, voce di Capitan Crow nel Moby Dick d'animazione di Netflix, Il mostro dei mari di Chris Williams, sulla piattaforma da questo venerdì. «Ed è un peccato, perché io con le navi ho un legame speciale: mio padre costruiva galeoni in miniatura. Ho la casa invasa, ne ho uno anche sul frigo in cucina. Fu così bravo da riuscire ad aprirsi un negozio di modellismo e venderli».

Lei su una nave che farebbe?

«Starei in cambusa probabilmente.

Ma su una nave ci vivrei volentieri. Da quando sono bambino ho sempre amato l'avventura: il cappa e spada, i pirati, i film di Maciste. L'importante era che ci fosse una spada da qualche parte».

Infatti nel 1982 fu Attila flagello di dio. Se la immagina una serie su Attila?

«Impossibile. Attila ero io. Sul copione si indicava solo cosa sarebbe successo, ma nella sceneggiatura del film non c'era una sola battuta scritta. Improvvisavo tutto».

Se le chiedessero di fare un cameo in un remake?

«È una questione di rispetto per se stessi. Io non faccio tutto quello che mi chiedono di fare. Alla mia età non farei mai Attila cinquant'anni dopo. Proporre una buona idea è facile, fare un bel film è un altro paio di maniche. Preferisco fare meno cose, ma che abbiano una dignità».

Qual è la sua balena bianca, l'ossessione mancata?

«Non sono sicuro di averne una. Nella vita ho sempre fatto quel che ho voluto. Il mio obiettivo era non avere rimpianti. Ho messo al primo posto la famiglia, volevo stare con loro. Da giugno ad agosto, per questo, non ho mai lavorato. Non è stato facile».

Quindi nessun rimpianto?

«Forse uno, la regia. E il teatro. Avrei voluto farne di più. Il mio problema è che sono troppo pigro, faccio due film all'anno e mi basta. La regia assorbe tempo. Tutto ciò che mi fa cambiare le abitudini mi affatica».

Un tempo girava sette film all'anno. Che ricorda?

«Che facevo tanta roba. Ai tempi di Attila, 14 film in due anni. Se avessi avuto un agente oculato ne avrei fatto uno e poi sarei stai fermo per due anni: il primo film incassò otto miliardi di lire. Ma ero giovane e sprovveduto, e il mio agente scaltro: fece un ragionamento sulla sua carriera, non sulla mia. Diventò lui Checco Zalone, non io».

Sarà nel film per famiglie Improvvisamente Natale. Abatantuono nonno d'Italia?

«Ma è naturale. Ho tre nipotini, uno di sei, uno di quattro e uno di un anno. Alla mia età, e con la mia corporatura, sono un perfetto Babbo Natale. E poi mi piace fare le cose per i bambini, sono un pubblico affascinante».

Che può dire di Improvvisamente Natale?

«Che faccio il supernonno. Nel cast ci sono anche Nino Frassica e il mago Forest. Non lo conoscevo, una vera scoperta. Uomo intelligente e brillantissimo».

Lavorare per le piattaforme mette in crisi il cinema?

«Veramente io da quando c'è il Covid lavoro di più. Poi, non voglio fare il veggente, ma sono anni che dico che i film dovrebbero uscire in contemporanea a pagamento sulla piattaforma e nelle sale. Ma nessuno mi prende sul serio».

La Colorado Film, di cui è cofondatore, è stata comprata (da Iginio Straffi, ndr). Che effetto le fa?

«Eh, ci hanno comprato le Winx. La nostra vita l'abbiamo fatta. È come i grandi amori: sono grandi all'inizio, poi si sta insieme anche per abitudine. A parte gli scherzi credo sia importante avere nuovi impulsi e aprire nuove strade. E fare in modo che i film escano».

Che progetti ha per il futuro?

«Ho ricevuto un paio di proposte che valuterò. Affronto pigramente l'estate, sono molto spaventato da questa superficialità climatica imperante».

Che intende?

«Non posso accettare che la questione climatica non sia presa sul serio. Ha visto come ne parlano sui tg? Col sorriso. Come se non fosse una tragedia. Il mio sogno è convincere un gruppo di persone benestanti a finanziare dei raduni in cui i giovani più preparati si confrontino su temi come la desalinizzazione, l'irrigazione, la mancanza d'acqua».

Lo fa per i suoi nipotini?

«Certo. Di me non mi importa. Se il mondo si scioglie, mi faccio un biberon di vino e via».
 

 

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