Naturalmente, Vino naturale: l'autenticità oltre la moda

Naturalmente, Vino naturale: l'autenticità oltre la moda
di Carlo Ottaviano
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Mercoledì 11 Dicembre 2019, 09:49 - Ultimo aggiornamento: 10:46
Chissà se Polifemo nella grotta si svegliò col mal di testa, dopo essere stato ubriacato da Ulisse. Omero o chi per lui non ci dice il grado di presenza dei solfiti, né i metodi di produzione di quel dolce nettare che l'eroe di Itaca aveva fatto bere al più noto dei ciclopi. Sicuramente non era un vino taroccato secondo la moda dell'italian sounding. Ma era davvero naturale, e quanto? Perché la parola naturale ha poco senso da quando l'uomo ha iniziato a coltivare la terra, a modificare il territorio, a produrre il cibo. Nel mondo del vino ci si accapiglia proprio attorno al concetto di vino naturale. Che in questo periodo gode di grande immagine.

OLTRE IL FAKE
«In un mondo digitalizzato, c'è bisogno dell'analogico. In un mondo dominato dai fake, abbiamo ancora più bisogno dell'autentico: per questo si invocano oggi internazionalmente vini più naturali», afferma Alice Feiring, leader mondiale di chi spinge per un'enologia in assoluta sintonia con la natura. «Tutti spiega la scrittrice - sappiamo benissimo di cosa stiamo parlando, quando diciamo naturale: si parte da una viticoltura biologica e si evita in seguito di aggiungere ulteriori prodotti dell'uva o lieviti, enzimi, tannini, acidi, batteri e composti chimici, alle sostanze che normalmente intervengono durante il processo di vinificazione». Feiring ha dedicato al tema ben sette libri. L'ultimo (Vino naturale per tutti, Slow Food editore, 168 pagine, 16,50 euro) arriva in libreria proprio questa settimana e spiega in modo semplice la tematica. È un'ode a questi vini.

«Quando beviamo un vino naturale scrive - l'ultimo sorso sarà diverso dal primo: gustarlo potrà essere un giro sulle montagne russe o un'esperienza placida e tranquilla, ma i bicchieri migliori evocheranno sempre in noi qualche genere di risposta emotiva». Ma come districarsi tra le tante definizioni di vino: a produzione convenzionale, sostenibile, biologica, biodinamica, naturale?

Se la letteratura ci fornisce delle chiavi come i libri della Feiring il consumatore come fa a scegliere? «Si tratta di filosofie di lavorazione, in vigna e in cantina, che da alcuni anni molti produttori italiani hanno recepito per i loro vini», spiega Franco Maria Ricci, presidente dell'autorevole Fondazione Italiana Sommelier. «Lo fanno continua - per dare certamente al consumatore un prodotto migliore ma anche e, direi soprattutto, per una sana attività produttiva con la quale erigere una bandiera per la propria azienda. Ma non ritengo che alla qualità del vino ne risultino benefici, ossia un vino non è più buono se il suo produttore osserva queste caratteristiche lavorazioni. La qualità la fa esclusivamente lui, con le diversità del terreno, con le operazioni di cantina, con i suoi investimenti». «I Francesi ricorda Ricci - da decenni praticano queste filosofie di fabbricazione ma non ne hanno mai fatto un cavallo di battaglia, non hanno mai urlato: Vino Naturaleeee... Con questo ribadisco da sempre che il nostro Paese è il migliore al mondo per le sue diversità: la somma dei vitigni mondiali è solo una piccola parte di quella dei vitigni d'Italia. Il premio che ci ha assegnato il Padreterno godiamocelo fino in fondo».

SENZA PARAMETRI
In effetti non esiste una normativa con parametri stabiliti. «Ogni produttore se la canta e se la suona; la stessa Ue difficilmente potrà decidere cosa è naturale e cosa no, perché solo l'acqua che sgorga pura dalla sorgente è naturale», sintetizza Daniele Cernilli, alias Doctor Wine, il più noto dei critici italiani a livello internazionale. Che aggiunge: «La vigna non esiste in natura e per fare il vino servono processi controllati, gestiti». Per superare le dicotomie fra varie scuole di pensiero, Cernilli pensa a una definizione di vini agricoli, che «lasci ai produttori la responsabilità delle proprie scelte se effettuate nel rispetto dell'ambiente e nell'uso consapevole delle tecniche enologiche e della viticoltura. Quello che voglio dire è che non è necessario, secondo me, aderire alla filosofia biodinamica per essere rispettosi dell'ambiente e della salute dei consumatori. Non è necessario avere questa o quella patente per praticare una viticoltura ecosostenibile, anche se è meglio che ci siano comunque dei controlli, possibilmente operati da enti terzi e pubblici».

SOSTENIBILE
Evitare la proliferazione non coordinata di standard ambientali che impedirebbe alle aziende vinicole di essere più competitive sul mercato mondiale è quanto chiedono i produttori. «La sostenibilità in viticoltura spiega Giovanni Rizzotti dell'Unione italiana vini dovrebbe essere quasi un imperativo per quelle aree del paese nelle quali è più diffusa la viticoltura e dove spesso proprio sui temi della sostenibilità si generano conflitti tra le popolazioni residenti e il mondo produttivo come ad esempio sull'uso della chimica nei vigneti». Sul tema scivoloso della certificazione dopo mesi di lavoro al ministero dell'Agricoltura e dell'Ambiente si sta comunque finalmente arrivando a una sintesi tra quattro sistemi. L'ha annunciato a fine novembre la ministra Teresa Bellanova. «Il nostro ha detto sarebbe il primo caso in Europa, una best practice di cui andare fieri».
 
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