La teoria dell’introversione affonda le radici in uno studio di Hans Eysenck e William Revelle della Northwestern University. E’ basata sulla diversa reazione cerebrale all’ambiente. Secondo questa teoria gli introversi sono sopra il livello ottimale, cioè più sensibili agli stimoli, e gli estroversi sono sotto il livello ottimale. Ecco perché si può prevedere che la performance del timido è compromessa se è troppo esposta a stimoli esterni di varia natura, eccitanti come il caffè, che lo allontanano da quel livello di lucidità.
Lavorano molto meglio in circostanze calme, senza rumori o folle intorno. Parlano meno ma sanno ascoltare meglio per tradurre aspettative e bisogni di un cliente, se ad esempio lavorano come venditori.
Ovviamente, spiega Little, le personalità non sono caratterizzate e profilate in modo così netto: gli introversi sanno anche trasformarsi e diventare estroversi, a seconda della situazioni che si trovano ad affrontare.
Rimedi? Semplice: prima di un evento importante invece che far scorta di caffè, Little consiglia di leggere un libro o fare una passeggiata.
Niente più caffè? No, lo si può bere in tarda mattinata, una volta finita la riunione importante.