Dallo Spazio agli scandali a luci rosse:
dilaga la mania dei selfie

Selfie dallo spazio di Mike Hopkins (Nasa)
di Anna Guaita
3 Minuti di Lettura
Giovedì 2 Gennaio 2014, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 17:56
NEW YORK - Lo si poteva intuire gi agli inizi del Duemila, quando le grandi aziende fotografiche cominciarono a introdurre nelle loro macchine uno specchio che ti faceva capire se eri a fuoco. Allora non si chiamavano selfie, ma più pomposamente self-portrait. E tuttavia erano la stessa cosa: se ancora non c'erano gli smartphone, c'erano quelle nuove, rivoluzionarie, leggere macchine digitali. Allungavi il braccio, puntando l'obiettivo verso di te e scattavi. E quando la foto non ti piaceva, potevi subito cancellarla dalla memoria della macchina. Fino all'arrivo di queste macchine, il self portrait era esistito, ma in genere richiedeva un tripode e un timer, o una polaroid che sputava la foto istantaneamente. Prima ancora, si usava fotografarsi su uno specchio, e ci sono stati selfie famosi, come quello dell'arciduchessa russa Anastasia Nikolaevna, che se ne fece uno all'età di 13 anni.



Nella nostra società contemporanea è stato poi il matrimonio della tecnologia e dei social network a causare l'espandersi esponenziale dell'abitudine di fare ritratti di se stessi: prima c'era MySpace, poi Facebook, poi Flikr, poi Instagram, e Pinterest e Snapchat, e chissà quanti altri ne verranno. Ed ecco perché il self-portrait, o meglio il selfie è diventato il fenomeno di questi ultimi anni. Se l'Oxford English Dictionary l'ha nominata la parola del 2013 si deve al semplice fatto che nell'arco di un solo anno il termine è stato presente con una frequenza del 17 mila per cento superiore al 2012.



IL CONTAGIO

Ma come mai è diventato un fenomeno così dilagante, al punto che perfino l'astronauta Mike Hopkins se ne è fatto uno durante una passeggiata fuori dalla stazione spaziale? Pensare che docenti, psicologi e genitori dibattevano sui pro e contro del trend già nel 2006, quando i self-portrait cominciarono ad apparire su MySpace. La cultura del narcisismo, la “me generation”, sono state discusse all'infinito. Ma certo un ruolo importante l'ha giocato il contagio: più i selfie circolavano, più tutti hanno voluto farli, e non solo i giovani, ma anche i loro genitori. Non parliamo poi delle star, o comunque delle celebrities. Nei giorni scorsi l'attore-regista James Franco ha scritto sul New York Times un fondo in cui difendeva i selfie, spiegando che per le star essi sono il modo di controllare la propria immagine, sono una specie di biglietto da visita, «dei piccoli me-stessi che mettiamo in circolo per dare agli altri un senso di chi siamo». «È un modo - aggiungeva - per guardare qualcuno negli occhi e dire: Salve, questo sono io».



LE POLEMICHE

Purtroppo, c'è chi si è presentato in modo sbagliato: se la parola selfie è dilagata nell'anno che si è appena concluso, non è solo perché è diventato un fenomeno virale in internet, ma perché ci sono stati scandali che l'hanno fatta discutere su tutti i giornali del mondo. Quello di Anthony Weiner ad esempio: l'ex deputato che si era dovuto dimettere per i suoi selfie con le mutande rigonfie, ha tentato di tornare in politica candidandosi alla poltrona di sindaco di New York, per poi ricadere esattamente sullo stesso errore, i selfie a luci rossa. Qualche polemica, sbagliata perché generata da un malinteso, è stata causata anche da un selfie che il presidente Barack Obama ha fatto di se stesso con il primo ministro danese Helle Thorning-Schmidt e il premier britannico David Cameron durante la cerimonia celebrativa precedente al funerale di Nelson Mandela. “Malinteso” perché non era vero - come sembrava dalle foto che la stampa ha fatto di Obama e di Michelle - che il presidente avesse offeso la moglie. La first lady aveva fino ad allora riso e scherzato con il marito ed Helle. E non era vero che Obama avesse violato la sacralità di un funerale, perché in quella cerimonia si stava celebrando gioiosamente la figura di Mandela, tant'è che tutti cantavano, ballavano e sorridevano. Ma proprio il malinteso testimonia dei rischi che il selfie può nascondere: la sua immediatezza, la possibilità che diventi virale e quindi resistente a ogni spiegazione o chiarimento sono l'altra faccia della medaglia di un'abitudine che può dare una soddisfazione immediata che le vecchie macchine fotografiche ci negavano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA