Raoul Bova confessa: «Basta calendari, non ho il fisico»

Raoul Bova confessa: «Basta calendari, non ho il fisico»
di Valentina Venturi
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Lunedì 13 Marzo 2017, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 16:24


«Non credevo che mi sarei trovato in una situazione simile, né immaginavo potesse durare così a lungo». Raoul Bova è incredulo; mentre si racconta e ripensa alla strada percorsa si stupisce. Nel 1986 a 15 anni vince il campionato italiano giovanile nei 100 metri dorso: il nuoto sarà la sua vita. Invece sei anni dopo, nel 1992, recita per la prima volta in Una storia italiana, miniserie biografica sui fratelli Abbagnale. E non smetterà più.
 

 


«All'epoca non avrei mai pensato di diventare un attore. Mi sono fatto trasportare da ciò che mi ha presentato il destino».
 
Si ricorda quel primo giorno sul set?
«Ero molto ansioso per la mia completa impreparazione. Il regista Stefano Reali mi ripeteva: Concentrati sulla preparazione fisica, per il resto basta che tu sia te stesso e tutto andrà bene. E così è stato».

Ha capito subito che la recitazione sarebbe diventata il suo lavoro?
«Sì, è bastato che l'occhio della cinepresa mi guardasse, per non avere più dubbi. Ero a mio agio, mi sentivo come se fossi stato davanti al mio migliore amico, a raccontargli la mia vita. È stata un'incognita magica. Ma mia madre non condivideva».

Ha tentato di dissuaderla?
«Non era convinta, mi ripeteva di tornare a studiare, che la sicurezza la dà il posto fisso e che con l'arte non si mangia. Non aveva torto ma io sapevo cosa volevo. E dopo Piccolo grande amore di Carlo Vanzina del 1993, anche lei ha capito che era quella la mia strada».

Tanto da aver lavorato anche in produzioni americane.
«Se ci ripenso, mi sorprendo da solo. L'avventura americana è iniziata con l'incontro con la regista Audrey Wells, con cui poi feci nel 2003 Sotto il sole della Toscana, con Diane Lane. Mi ero preparato, ma il mio inglese era a dir poco stentato. Facevo errori madornali. Durante il provino mi chiese la ricetta del limoncello, beh me la sono inventata. Più parlavo e più rideva. Pensavo mi cacciasse, invece fu proprio la mia tenacia a colpirla».

La scena poi è stata inserita nel film.
«Da non credere! Audrey mi disse che non l'avrebbe scritta: avrei dovuto interpretarla all'impronta, improvvisando, come avevo fatto con lei, con lo stesso inglese improbabile. Ed è diventata la scena in cui faccio colpo su Diane».

Nel 2011 ha diretto il cortometraggio Amore nero e nel 2013 Come un delfino la serie. Un'esperienza che ripeterà?
«Ho l'ascendente in vergine, quindi so perfettamente cosa posso e non posso fare. Anche per la regia mi sono sentito, per caso, a mio agio. Tecnicamente non sapevo come muovermi, allora mi sono concentrato sul messaggio: più che seguire il copione si doveva lasciar andare il cuore. Come regista è fondamentale il lavoro con gli attori».

In questi giorni è in scena a Roma all'Ambra Jovinelli con Due di Luca Miniero, al fianco di Chiara Francini. Quando la vedremo recitare insieme alla sua compagna Rocío Muñoz Morales?
«Ci piacerebbe tanto... Chissà! Sarebbe bello andare insieme in tournée, portando con noi la nostra Lunina (la figlia della coppia si chiama Luna, ndr.) che così conoscerebbe l'Italia. Gli altri miei due figli, che adoro, la conoscono, per lei sarebbe una scoperta. Nell'attesa ci diamo consigli e ci aiutiamo nella memoria. Avere un confronto con chi stimi è importante. Rocío ha un punto di vista critico e libero, c'è molta sintonia tra noi».

Come l'ha conquistata?
«Ci siamo innamorati lentamente, non è stato un colpo di fulmine. Siamo stati corretti e sinceri, nel rispetto delle vite altrui. Di certo non l'ho conquistata con un fiore, ci deve essere dietro molto di più; diciamo che il fiore è solo l'inizio!».

Nel 2000 è uscito il suo calendario. Un altro successo. Lo rifarebbe?
«Premettendo di non considerarmi un sex symbol, c'è da dire che non ho più quel fisico. L'ho fatto all'età giusta, non lo rinnego. Adesso sarebbe difficile».

Come procede la raccolta fondi con Io ci sono Onlus, per le tre A (Amatrice-Accumoli-Arquata), luoghi rasi al suolo dal sisma?
«Molto bene. Abbiamo chiuso la raccolta fondi per il centro polifunzionale di Amatrice, il primo. Ora bisogna iniziare la costruzione. L'obiettivo è di farli tutti e tre, ma che siano solidi e durino per molti anni».
 

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