«Fondatamente» la signora Vukotic - scrivono gli 'ermellinì nella sentenza 20100 depositata oggi - lamenta la carenza motivazionale e la illogicità delle argomentazioni spese dal giudice di merito a fondamento del convincimento che la contribuente disponga, nell'esercizio della sua attività di attrice, di una autonoma organizzazione«. Il fisco ha infatti sbagliato a fare i calcoli servendosi di una »valutazione genericamente globale, e non dettagliatamente ripartita anno per anno«, nota la Cassazione rimproverando alla Commissione tributaria del Lazio di aver creduto che la Vukotic avesse una sorta di società che lavorasse per suo conto solo perché nel 2004 aveva pagato circa 28mila euro di compensi a dei collaboratori a fronte di guadagni per 188.600 mila euro, mentre negli anni successici aveva pagato a terzi compensi per 3490 euro a fronte di guadagni per 127.199 euro nel 2005, e di 11mila euro nel 2006 a fronte di cachet per 186mila euro.
Le norme ritengono che il professionista si serva di una organizzazione di impresa quando paga compensi ad altri per un importo che supera il 20% dei suoi guadagni. La Vukotic non ha mai superato questa soglia, anzi ne è stata ben al di sotto e nel 2003 non aveva pagato alcun collaboratore perchè non ne aveva e il fisco gli ha trattenuto l'Irap anche per quell'anno. Adesso la Commissione tributaria del Lazio deve rivedere la sua decisione e fare più attenzione ai conti della 'Pina'.
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