Secondo la procura, Censi, accusato di appropriazione indebita, a partire dal 2005 si sarebbe impossessato di circa un milione e trecentomila euro, soldi «consegnatagli dalla D'Amico in occasione delle varie scadenze tributarie - si legge nel capo d'imputazione - affinché fossero versate all'erario». Nel corso del processo Censi ha provato a difendersi: «Quei soldi erano i miei compensi». La sua versione, però, non ha convinto il giudice monocratico, che per il commercialista ha disposto, come chiesto dal pm Andrea Beccia, una pena a due anni e mezzo. «Come la maggior parte degli italiani non so fare un 740 - aveva spiegato Ilaria D'Amico nell'udienza dello scorso febbraio - Mi affidavo completamente a Censi, ma sono stata derubata e amministrata male. Cornuta e mazziata, insomma».
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