Bruce Willis, il ragazzaccio di Hollywood compie 60 anni

Bruce Willis (ilmessaggero.it)
di Giacomo Perra
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Giovedì 19 Marzo 2015, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 18:43
Il “ragazzaccio” di Hollywood è cresciuto. Bruce Willis, quello con la faccia un po’ così, da duro col sorriso simpatico di chi la sa lunga, oggi ha compiuto sessant’anni. Sono passate tante primavere da quando si agitava in cerca di un posto al sole nel cinema mondiale. Adesso è uno dei signori dello star system americano ma la sua esuberanza giovanile, come del resto il suo fisico da macho, non è sfiorita. Certo, i capelli sono andati via e la mezza età ha portato consiglio e maturità ma Willis, sotto sotto, è rimasto l’eterno “discolo” di un tempo.



Nato ad Idar-Oberstein, in Germania, in una base militare americana dove il padre soldato prestava servizio, e cresciuto nel New Yersey, Bruce mostra da subito il lato estroverso ed indomito della sua personalità. L’amore per la recitazione, ad esempio, si sviluppa per coraggiosa reazione alla balbuzie, disturbo che gli aveva creato non pochi problemi durante l’adolescenza: nel 1973 infatti, terminati gli studi superiori, Willis aveva deciso di iscriversi al “Montclair Saint College” per studiare arte drammatica e soprattutto per provare a sconfiggere definitivamente il suo parlare esitante. Dopo qualche tempo, però, abbandona l’università ma non l’idea di diventare un attore.



Pronto a tutto pur di riuscire a centrare il suo obiettivo, Willis svolge qualsiasi tipo di mestiere - dal camionista al barista, passando per il pr - per mettere da parte qualche soldo e continuare a respirare in attesa di far avverare il suo sogno. Nel 1980, finalmente, qualcosa si muove e Bruce esordisce sul grande schermo: a farlo debuttare è il regista Brian G. Hutton, che lo dirige, solo in veste di comparsa, in “Delitti inutili”, pellicola in cui recita anche Frank Sinatra.



La sua grande occasione arriva cinque anni dopo, quando viene scelto per il ruolo del protagonista maschile della serie tv “Moonlighiting”. Si dice che Willis si fosse presentato al provino in canadese e con la barba incolta. La sua (finta?) trasandatezza, però, non rappresenta un guaio per i produttori del telefilm, che decidono di scritturalo affascinati dai suoi modi energici e accattivanti. “Moonlighting”, che va in onda per cinque stagioni e gli frutta diversi premi e nominations, si rivela un successo e diventa il suo trampolino di lancio verso la gloria.



Da lì, infatti, parte la sua scalata a Hollywood, portata a termine negli anni successivi grazie a pellicole come “Appuntamento al buio” di Blake Edwards, 1987, “Trappola di cristallo”, 1988, “L’ultimo boy scout”, 1991, di Tony Scott, “Impatto imminente”, 1993, “Pulp Fiction”, 1994, di Quentin Tarantino, “Die Hard - Duri a morire”, 1995, “L’esercito delle 12 scimmie”, di Terry Gilliam, sempre del 1995, “Il quinto elemento”, di Luc Besson, 1997 e “Armaggedon - Giudizio Finale”, del 1998, che ne fanno l’eroe per eccellenza del cinema d’azione mondiale dei decenni Ottanta e Novanta e ne scolpiscono l’immagine da duro dal cuore tenero e dalla battuta pronta adatto anche alla commedia.



Willis comunque con la maturità si dimostra anche interprete drammatico sensibile e dotato: testimonianza inconfutabile ne è l’ottima prova fornita nel thriller psicologico “Il sesto senso”, “caso” cinematografico del 1999, in cui l’attore statunitense veste i panni di uno psichiatra infantile alle prese con un bambino particolare.



Sposato dal 1987 al 2000 con la collega Demi Moore, da cui ha avuto le figlie Rumer, Scout LaRue e Tallulah Belle, oggi che continua a girare pellicole di successo e si considera un elettore indipendente con un debole per i repubblicani, Willis è soprattutto il “giovane vecchio” papà sprint di Mabel Ray ed Evelyn Penn, nate rispettivamente nel 2012 e nel 2014 dal matrimonio con la sua seconda moglie, la modella britannica Emma Heming, più piccola di lui di ben ventitre anni. Giusto quello che ci vuole per tenerlo sempre in allenamento.