La tigre bianca col muso da cane: gli effetti disastrosi degli allevamenti illegali

La tigre Kenny (Turpentine Creek Wildlife Refuge)
2 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Febbraio 2016, 12:42 - Ultimo aggiornamento: 12:44

Dovrebbe sembrare una tigre bianca, dal momento che lo è, ma quel muso canino inganna e non poco. Questo è l'aspetto di Kenny, un esemplare salvato da una riserva naturale dell'Arizona, la Tuppertine Creek. Morto nel 2008, ad appena 10 anni (età decisamente inferiore rispetto all'aspettativa di vita della sua specie), Kenny è diventato un simbolo della lotta agli allevamenti illegali e selvaggi negli Stati Uniti e non solo.
 



In natura la tigre bianca è un animale estremamente minacciato, ma in cattività la situazione è diversa: a partire da un esemplare selvatico, catturato negli anni '50 quando era ancora un cucciolo, è scattata una lunghissima discendenza voluta e pianificata da affaristi senza scrupoli. Sono soprattutto i circhi a voler allevare tigri bianche, ma non mancano gli allevatori privati. Il pelo bianco, però, è un carattere recessivo e spesso, per avere esemplari con quelle caratteristiche, bisogna attendere molto e avere pazienza. Come riporta The Dodo, nella catena dell'allevamento di tigri, ne nasce mediamente una bianca ogni 30 esemplari. Le altre 29 di solito vengono abbandonate appena dopo la nascita e lasciate morire o soppresse.

Ci sono, poi, gli orrori della genetica, naturale conseguenza di un business che fa dell'uomo la vera bestia: animali deformi e affetti da disturbi e malformazioni che impediscono loro di avere una vita normale e duratura. Kenny, ad esempio, è morto molto giovane per un linfoma. Fu salvato dai volontari della Tuppertine Creek insieme a Willie, una tigre dal manto e dalle forme naturali, ma con gli occhi che lo facevano sembrare affetto da strabismo. Probabilmente le due tigri erano fratelli, ed è grazie alla loro popolarità se nel 2011 la American Zoological Association ha introdotto delle norme restrittive sull'allevamento incontrollato. Non tutte le strutture, però, sono affiliate e la pratica è tuttora molto comune.

© RIPRODUZIONE RISERVATA