Al progetto, finanziato dall'Unione Europea e gestito dall'Agenzia spaziale tedesca (Dlr), l'Italia partecipa infatti con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e le aziende Thales Alenia Space (Thales-Leonardo) e Telespazio (Leonardo-Thales). In un ambiente estremo come quello del continente bianco, l'orto, chiamato Mobile Test Facility (Mtf), permette di sperimentare la possibilità di coltivare ortaggi per gli astronauti del futuro. «L' Antartide è stata scelta perché simula le condizioni di una base lunare o marziana, soprattutto per l'isolamento e le temperature rigide», ha detto Alberto Battistelli, dell'Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (Ibaf) del Cnr.
Per tutto il 2018 si sperimenteranno due orti costruiti nello stesso modulo: «uno più piccolo pensato per la Stazione Spaziale e per i veicoli che porteranno gli astronauti su Marte, e uno più grande, per le basi».
Le verdure raccolte sono state coltivate nell'orto più grande, che ha prodotto 3,6 chilogrammi tra insalata e rucola, 18 cetrioli e 70 ravanelli. Le piante crescono senza terra, con luce artificiale e senza pesticidi, ma con «acqua arricchita di sali minerali, illuminazione a Led e monitorando l'anidride carbonica nella stanza», ha detto ancora Battistelli. Queste condizioni controllate «ci permettono di spingere le piante a massimizzare quantità e qualità nutrizionale». Coltivare verdure nello spazio è cruciale per le missioni di lunga durata perché non si potrà portare tutto il cibo da Terra e perché le verdure fresche sono ricche di vitamine, sali minerali e antiossidanti. Soprattutto gli ultimi «aiutano a neutralizzare i danni provocati dai radicali liberi, prodotti dall'organismo in condizioni di stress, di microgravità e per l'esposizione alle radiazioni», ha raccontatao Luca Nardi dell'Enea. Quest'ultima con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Università di Milano ha realizzato un orto spaziale testato, in febbraio nella missione Amadee-18, nel deserto dell'Oman.
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